Seleziona una pagina

Condividiamo l’intervista di Sophia Crotti a Matteo Lancini per fanpage.it

«Ho abbandonato subito il gruppo Whatsapp dei genitori della classe di mio figlio, perché ho visto tre – quattro cose che mi hanno completamente spaventata. Io sono un po’ anarchica nell’allevamento dei figli».

Intervistata da Cattelan a “Stasera c’è Cattelan”, la showgirl Belen Rodriguez ha dichiarato di essere scappata a gambe levate da quello che spesso viene ribattezzato come “la chat di whatsapp delle mamme”. Uno di quei gruppi che si vengono a creare all’indomani dall’iscrizione dei propri figli a scuola, sia l’asilo nido o la scuola media, e in cui i genitori fanno domande, rispondono, a volte litigano, altre escono, altre ancora commentano insegnanti e modelli educativi.

La show girl ha rivelato di vergognarsi un po’ della sua scelta, dettata però dal disaccordo nei confronti di ciò che ha potuto leggere da qualche messaggio. Per non perdersi gli ultimi aggiornamenti sulla vita scolastica dei figli, però, Rodriguez ha inserito sua madre nel gruppo, al posto suo.

I gruppi Whatsapp dei genitori sono una delle tante sfaccettature della società onlife in cui ci troviamo, e che lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini studia da anni. Abbiamo dunque chiesto all’esperto di spiegarci cosa accade nelle chat dei genitori e se la violenza verbale, che a volte si scatena a suon di notifiche, sia solo frutto degli schermi o di un cambiamento sociale.

Belen ha deciso di abbandonare la chat delle mamme di Whatsapp della classe di suo figlio. Lei crede che questi gruppi siano funzionali o una rovina?

Io penso che al di là della decisione di Belen, ci sia un grosso problema educativo. I gruppi whatsapp, infatti, andrebbero chiusi, soprattutto quando si parla di quelli inerenti alla scuola. Questo perché c’è una contraddizione straordinaria tra quello che i genitori e la scuola rimproverano ai ragazzi sull’uso di internet e dei social network a scuola e la comodità d’uso, la facilità e il controllo che ogni giorno gli adulti promuovono con il loro comportamento online.

Dal momento che in una società individualista come la nostra, dove ciascuno pensa alle proprie necessità, questi gruppi sono molto comodi, e che per questo né scuola né famiglie intendono rinunciarvici, si deve accettare che le nuove generazioni crescano in questa società e che abbiano come modelli di identificazione adulti sempre online, smettendo di vietare dunque anche i cellulari a scuola. Perché ormai anche i voti sono online, per esempio, ed è inutile proiettare sui ragazzi le proprie contraddizioni dicendo loro che è meglio che a scuola stiano senza cellulare, dal momento che poi gli adulti li usano in ogni contesto.

Ma quali sono gli effetti di questi gruppi nella relazione genitori-docenti?

I gruppi sono molto comodi ma hanno allontanato la relazione tra scuola, personale scolastico e famiglia.  Inoltre queste chat sono una delle aree in cui più si diffonde il cyberbullismo. Oggi tendiamo a far passare per bullismo tutto quello che succede a scuola, anche ciò che dovrebbe solo essere chiamato conflitto fisiologico e fatichiamo a chiamare cyberbullismo i modelli di identificazione che i genitori presentano ogni giorno quando per esempio creano dei sottogruppi di Whatsapp per dirsi: “ma hai visto quella mamma cosa dice?”.

I genitori che non seguono il flusso di notifiche o che decidono di togliersi dai gruppi come fanno poi ad essere avvisati di ciò che accade a scuola?

Dovrebbero creare delle relazioni personali, così come dovrebbe fare chiunque se spegnesse il cellulare o se si togliesse da ogni gruppo Whatsapp. Nessuno però lo vuole fare, perché la nostra vita ormai si vive online.

Qualche giorno fa a Scampia una discussione in un gruppo di genitori su Whatsapp si è trasformata in una vera e propria rissa fuori da scuola. Sono gli schermi a fare questo effetto?

No, la vita legata alla dimensione di Internet ha sicuramente cambiato il mondo, ma come lo avevano fatto anche la fotografia e la tv. Oggi, però, c’è una fragilità adulta senza precedenti e un individualismo che ha raggiunto livelli altissimi, proprio come testimonia questo avvenimento: mentre i genitori si arrabbiano, come al solito spariscono i figli.

Parliamo solo del gruppo di genitori che prima si aiutano e si organizzano su Whatsapp, poi si picchiano, non ci chiediamo nemmeno perché i ragazzi avevano bisogno che i genitori si organizzassero per essere presenti a scuola a sostenerli.

I figli non sono più al centro né della vita scolastica né di quella familiare perché al centro hanno dovuto mettere la fragilità dei genitori, ed è proprio questo il motivo per cui oggi gli adolescenti si comportano in un certo modo e non il fatto, come dicono in molti, che non hanno vissuto abbastanza frustrazioni.
E le chat dei genitori sono lo specchio di questo, come tema principale ci sono le fragilità di una mamma contro un’altra mamma, le beghe tra genitori, le risse, le esigenze degli adulti insomma, non certo dei figli.

Sembra che nei gruppi i genitori dicano la propria anche sugli insegnanti, così non si sminuisce dal punto di vista educativo il docente?

Oggi l’adulto è sminuito in tutti i ruoli, a prescindere. La verità è che chiunque oggi deve conquistarsi l’autorevolezza. Non basta più raggiungere il ruolo di insegnante per essere riconosciuti in quanto tale, questo non dipende solo dal fatto che le nuove generazioni sono cresciute lontane dal modello normativo, quindi senza un padre autoritario, o un nonno che ne sapeva di più di tutti. Il problema è che oggi i saperi sono diffusi, dunque le persone nella nostra società si conquistano l’autorevolezza facendo il proprio mestiere.

L’insegnante non è più riconosciuto nella sua autorevolezza ma quando si identifica con gli studenti, facendo anche delle proposte appassionate, che i ragazzi seguono in maniera più autentica, proprio perché non lo fanno più per sottomissione al ruolo, ma relazionandosi in maniera sincera al docente.