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Condividiamo l’intervista di Grazia Longo a Matteo Lancini per La Stampa.

Per analizzare la sparatoria avvenuta in Finlandia occorrerebbe avere altri particolari, di cui al momento non disponiamo, ma è evidente come la scuola sia il palcoscenico espressivo di tutte le manifestazioni dell’adolescenza, quindi anche del disagio».

Per il professor Matteo Lancini, psicoterapeuta, presidente della fondazione Minotauro di Milano, gli adolescenti di oggi «spesso non vengono visti per quelli che sono, non vengono ascoltati veramente, mentre bisognerebbe porli al centro della nostra attenzione».

Ritiene che l’uso eccessivo di videogiochi che inneggiano alla violenza possa contribuire ad atti come quello del dodicenne finlandese?
«Non credo, perché i videogiochi rappresentano battaglie finte, virtuali. È assai peggiore l’influenza che possono esercitare le immagini della guerra in Palestina o in Ucraina trasmesse dalla televisione. Spesso siamo noi adulti a pensare che i videogiochi possano esercitare un ruolo distruttivo, ma è solo una nostra proiezione, una nostra semplificazione. Come possiamo infatti escludere che il ragazzino non si sia ispirato alle scene di guerra vere dei telegiornali?».

Che cosa può spingere un ragazzino di 12 anni a sparare contro i coetanei?
«Premesso che gli avvenimenti vanno contestualizzati, e non è la prima volta che in Finlandia si verificano sparatorie a scuola, non possiamo trascurare la facilità di entrare in possesso di un’arma. La Finlandia non è come gli Stati Uniti, ma in ogni caso questo ragazzino non ha avuto difficoltà a procurarsi una pistola. Dietro il suo gesto c’è probabilmente un senso di disperazione sul futuro per cui non contava più nulla. Spesso episodi simili si concludono con il suicidio. Nel caso come questo in cui il dodicenne è fuggito, siamo di fronte all’espressione di sentimenti contraddittori».

In che senso?
«Non abbiamo elementi sufficienti per inquadrare la situazione, e non possiamo quindi affermare con certezza se il ragazzo abbia ucciso qualcuno allo scopo preciso di vendicarsi. Le sue vittime erano mirate? O lui ha ucciso e ferito i coetanei per rimanere eterno? Bisogna capire cosa c’è dietro il suo gesto».

È possibile riconoscere i problemi che possono spingere un adolescente ad uccidere?
«In realtà quando qualcuno coltiva nella propria mente un progetto vendicativo può tenerlo nascosto a lungo, anche per anni».

In che modo si può intercettare il disagio di un adolescente?
«Ascoltando le sue esigenze, la sua rabbia, le sue frustrazioni. Ai ragazzini bisogna fare le domande giuste».

Quali domande ad esempio?
«Ti piaci quando ti guardi allo specchio? Provi della rabbia? Hai mai pensato al suicidio? Sei deluso? Spesso dietro a un senso di frustrazione di un adolescente può covare una violenza distruttiva, verso se stesso o gli altri. E inoltre non bisogna commettere l’errore di pensare che occorra intervenire sui ragazzi con maggiore disciplina. Per farli maturare è opportuno considerarli centrali nel modo in cui ci rapportiamo con loro».