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Riportiamo l’articolo pubblicato su “L’Espresso” sul volontariato nei giovani, in cui Matteo Lancini interviene con interessanti spunti ricavati dalla ricerca condotta insieme a Elena Buday al Festival di Sarzana.

C’è chi li chiama Angeli e chi Magliette blu, in ogni caso si tratta dei giovani volontari dietro le quinte dei festival culturali. Migliaia, in tutt’Italia: seicento al Festival della Mente di Sarzana, duecento a PordenoneLegge, più di cento a Maredilibri (il festival dei ragazzi che leggono, a Rimini dal 12 giugno). E certo non basta: a Torino sono stati l’anima del Bookstock durante il Salone Internazionale del Libro, Pistoia non sarebbe la stessa senza i giovani di Dialoghi sull’uomo, la tre giorni di antropologia appena iniziata (fino al 24 maggio).

Grandi numeri a BergamoScienza, kermesse autunnale al suo tredicesimo compleanno: 2500 i ragazzi parte attiva. Non solo nel supporto logistico, ma a partire dalla creazione degli eventi; grazie a un forte Comitato giovani, gli studenti gestiscono corsi, exibit e laboratori. Sergio Pizzigalli, responsabile Commissione scuole, valuta in questi giorni le proposte dei giovanissimi per la prossima edizione. Anche a Pistoia il festival incontra gli studenti: docenti universitari raccontano il tema dell’anno, per il 2015 “Le case dell’uomo. Abitare il mondo”.

«All’inizio erano un centinaio, ora sono 800 i ragazzi delle superiori che affollano il teatro Manzoni di Pistoia per queste lezioni. Tanti sono collegati in streaming da tutt’Italia», racconta Giulia Cogoli, ideatrice e direttrice scientifica di Dialoghi sull’uomo. «I volontari sono arrivati anche da fuori regione, accompagnati dai professori; in gita per aiutare». Lo stesso accade a Festivaletteratura di Mantova (il prossimo dal 9 al 13 settembre): i giovani fanno chilometri per darsi da fare. Spiega Alessandro Della Casa, responsabile volontari, che qui si chiamano Magliette Blu: «Su 700, 500 sono ragazzi dai 16 anni. La metà viene da fuori provincia grazie a rapporti con scuole di Mestre, Ferrara, Salò, Parma». Dormono in palestre, pensionati, campeggi e si occupano di tutto, a partire dall’allestimento: «Vengono coinvolti anche nella valutazione. Sono sul campo più di noi, danno suggerimenti per migliorare il festival».

Questi ragazzi perennemente tacciati di pigrizia in realtà si fanno in quattro per montare tendoni, accompagnare ospiti e visitatori, redigere comunicati stampa, scattare foto. Oppure occuparsi di coprire l’evento con Twitter, come fa Giovanni Albergucci a Pistoia. Così assistono al fenomeno sorprendente di interminabili code di gente che arriva da lontano per ascoltare un matematico o un sociologo; si accostano, stupiti, a premi Nobel appassionati.

In cambio, dall’esperienza hanno molto. «Essere volontari in un festival culturale significa anche assumesi responsabilità», interviene Cogoli: «Questi ragazzi devono mettersi in gioco e, forse per la prima volta, capire le proprie attitudini, essere consapevoli della propria vocazione». È anche dalle loro scelte che dipende la riuscita delle manifestazioni. Alcuni partono da quest’esperienza per creare altri festival, come i due ragazzi di Città di Castello che hanno dato vita a “CaLibro”, kermesse sui libri e la lettura. Il ruolo cambia a seconda del luogo: a Torino, il Bookstock Village, area giovani del Salone, ha coinvolto centinaia di ragazzi nel costruire e animare il programma. Chi ha aiutato nel coordinamento, chi preparato dibattiti, chi si è prestato come lettore, altri hanno fatto i giornalisti di BookBlog, redazione di un centinaio di studenti per raccontare personaggi e idee del Salone. A Maredilibri gli organizzatori sono i ragazzi stessi: «L’adolescenza è difficile da coinvolgere», sostiene Alice Bigli, ideatrice della kermesse e cofondatrice della libreria per ragazzi Viale dei Ciliegi 17: «per questo abbiamo pensato a un evento con loro».

Oggi oltre 100 volontari, di cui 30 delle medie, sono coinvolti in tutto. «Perfino nella direzione artistica», conferma Bigli: «alcuni leggono le bozze mandate dagli editori e valutano se un autore può interessare. L’impatto è immenso. Orgogliosi del lavoro fatto, capiscono cosa significhi costruire un evento». Dalle edizioni passate, alcuni sono diventati lettori per l’editoria, altri librai.

Dall’Emilia al Friuli. Gli “Angeli” di PordenoneLegge (settembre), maglietta gialla e ali disegnate sulle spalle, sono essenziali per la riuscita. «Ci mettono voglia di socialità, responsabilità civica e passione per la cultura», sottolinea Michela Zin, direttore della Fondazione PordenoneLegge: «I giovani sono spinti dal desiderio di sentirsi parte di un progetto». Il loro valore è riconosciuto dal mondo adulto: lo dimostrano, se necessario, i ringraziamenti di Beppe Severgnini agli Angeli della scorsa edizione.

E se impegnarsi è utile anche per ottenere crediti formativi riconosciuti dalla scuola, queste esperienze hanno anche altri tipi di impatto. Lo conferma il dottorato di ricerca a Cambridge di Matilde Vaghi, entusiasmata dall’incontro col Nobel della medicina Eric Kandel da volontaria a BergamoScienza; o i ricordi di Stefano Sandrone che, sul quel palco, presentò il Nobel James Watson, scopritore del Dna; oggi Sandrone è neuroscienziato al King’s College di Londra.

Ma chi sono i giovani impegnati a produrre cultura? L’indagine “Effetto festival Adolescenti” ( portale.festivaldellamente.it ), condotta dall’Istituto Minotauro di Milano, ha studiato la partecipazione al festival di Sarzana. Riflette Matteo Lancini, coautore della ricerca, presidente della Fondazione Minotauro: «Le nuove generazioni vivono una cultura partecipativa caratterizzata da collaborazione e condivisione, che nasce dall’essere cresciuti in un ecosistema mediale. Non fanno i volontari per senso del dovere, ma per sentirsi parte attiva di un processo: essere convocati e riconosciuti dall’adulto come parte dell’organizzazione e investiti di un ruolo valorizza il loro bisogno di protagonismo attivo», precisa l’autore, che ha appena pubblicato per Erickson “Adolescenti navigati”.

Non solo: «Ai festival non c’è chi vende o insegna cultura, ma chi la crea: poeti, scrittori, intellettuali. E sono lì per loro, per i ragazzi. Avvicinarsi agli scienziati significa entrare in contatto con un sapere fino a quel momento solo sui libri. In genere chi ha partecipato torna, qualche anno dopo, come pubblico. Si diffonde cultura». Il “vogliontariato” del resto, com’è stato definito, non conosce confini: festival di musica, teatro, arte di strada, fotografia in Germania, Belgio, Serbia, sono tra le proposte estive per esempio di Youth Action for Peace (yap.it). E fa così bene che dovrebbe diventare obbligatorio, dice convinto Gustavo Pietropolli Charmet, decano della psicologia dell’adolescenza e direttore scientifico del Festival della Mente di Sarzana: «Sviluppa capacità etiche e critiche, aumenta la stima di sé, responsabilizza. E favorisce la formazione di un’identità adulta».

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