Condividiamo l’articolo pubblicato da ilT – quotidiano autonomo del trentino alto adige / sudtirol a cura di Denise Rocca con intervista a Laura Turuani (13 aprile 2025).
Teen drama, la psicoterapeuta Turuani: «Per un amore sano si insegni ai giovani il galateo del lasciarsi»
di Denise Rocca
L’esperta, ospite a Educa Immagine: «La verginità è qualcosa da perdere presto, una “to do list” personale dove l’altro non c’entra. Sempre di più lo si fa senza legami profondi per paura di soffrire»
Laura Turuani, psicoterapeuta, socia dell’istituto Minotauro di Milano istituzione che si occupa di prevenzione del disagio evolutivo, consultazione e psicoterapia nelle diverse fasce del ciclo di vita, ha parlato ieri, 12 aprile, nell’ambito del Festival Educa Immagine, in chiusura oggi, di educazione sentimentale degli adolescenti e giovani adulti, tema che ha trovato in social e teen drama canali privilegiati di diffusione seguitissimi da ragazzi e ragazze. I teen drama, che sono l’evoluzione dei telefilm di qualche decennio fa, oggi non solo parlano di adolescenti, ma parlano a loro. Il genere è stato capace di evolvere diventando un prodotto culturale spesso ben fatto al quale questa generazione di giovani donne e uomini si rivolge per trovare risposte a dubbi, fragilità, difficoltà, dilemmi.
Il target degli adolescenti è un ricchissimo filone narrativo per serie tv e film, ma questi prodotti culturali, anche di qualità, possono davvero svolgere una funzione educativa?
«Li considero i nuovi romanzi di formazione: molte di queste serie rappresentano in maniera anche sofisticata e precisa il passaggio dall’adolescenza all’età adulta di oggi. teen drama negli ultimi anni sono andati ad analizzare le pieghe e le piaghe dell’adolescenza contemporanea, non a caso hanno spesso come ambientazione principale la scuola che, si dice troppo poco, è palcoscenico della crescita, dove si affrontano sì i compiti ma anche i compiti evolutivi dell’adolescenza, i cosiddetti compiti di vita. È il luogo dove si possono vedere, in maniera limpida, la nascita sociale nel gruppo di pari, la mentalizzazione del corpo e tutti quei fenomeni tipici dell’adolescenza che riscontriamo oggi. Le serie contemporanee rispetto a prodotti come Happy Days o più avanti Dawson’s Creek e Beverly Hills 902010 hanno una differenza sostanziale: propongono le vite di moltissimi personaggi con caratteristiche sufficientemente variegate da permettere ad ognuno dei ragazzi di identificarsi, non sono più solo “la biondina”, “il bello e dannato”, “il secchione”. Trattano ed esaminano temi molto difficili ma profondamente radicati nell’adolescenza odierna (la sessualità, il consumo di alcol e droghe, l’ansia, gli attacchi di panico o al corpo…) che rischiano di essere ancora oggi considerati dalla comunità degli adulti come dei tabù. Quindi sì, hanno una funzione educativa e non solo divulgativa e di rappresentazione. È un problema grosso se rimangono gli unici contesti nei quali questi temi si affrontano, e il rischio c’è».
Famiglie e scuola possono affidare ai media l’educazione sentimentale e sessuale dei giovani?
«Questo è un aspetto critico. Gli adolescenti da sempre vanno alla ricerca di modelli di identificazione. Un tempo erano, banalizzando un po’, pochi: genitori, insegnanti, genitori di compagni, allenatori…oggi siamo in un mondo talmente ampio e variegato che i modelli di identificazione sono tantissimi. I ragazzi sono immersi in un mondo stracolmo di possibilità di essere ed è una delle cose che più contraddistingue questa generazione: la libertà di scegliere e di essere. Ma come ci ricorda Baumann, è anche un problema perché è diventato molto più difficile scegliere. All’adulto oggi sta accompagnare ragazzi e ragazze a costruire il pensiero, a navigare questo mare infinito di possibilità che viene offerto anche dai teen drama in termini di modelli».
Da dove partire per un’educazione sentimentale solida?
«Intanto deve partire prestissimo. In Italia abbiamo ancora un dibattito assurdo in corso su quando parlarne. Io dico: dall’infanzia! Con linguaggi, contesti e contenuti adatti per età, certo, ma dobbiamo partire prima dall’educazione emotiva, poi da quella relazionale per arrivare all’educazione sessuale. Per accompagnarli a saper gestire le emozioni, saper costruire emozioni sane e poi collaudare il corpo in maniera integrata alle due precedenti. Oggi abbiamo una serie di problemi: uno che abbiamo paura delle emozioni negative in un’educazione che ha come obiettivo utopico di avere figli solo felici, che non possano soffrire e non sono educati a dosi omeopatiche di vissuti di frustrazione, tristezza, ansia, paura. Poi abbiamo la questione delle relazioni che si sono “complessificate” con l’introduzione della relazione virtuale (la doppia sfaccettatura dei due mondi che va capito come integrare) e l’aspetto del corpo: moltissimi dei comportamenti disfunzionali transitano attraverso gli attacchi al corpo e questo la dice lunga sui rapporti difficili – dal ritiro sociale al cutting, la suicidalità che è la seconda causa di morte in adolescenza, ricordiamolo – che gli adolescenti di oggi hanno». Quindi parliamo, tantissimo e il prima possibile».
I giovani sono meno interessati al sesso, pare, è vero o è una leggenda metropolitana?
«È vero, tutti i dati vanno in questa direzione: nonostante si continui a pensare di essere al cospetto di una generazione liberata dai tabù e più disinibita in realtà la sessualità ha perso di valore e di interesse. Partiamo dalla verginità: non è più un valore, ci siamo liberati dal vissuto di una cosa sporca rispetto al passato ma c’è una nuova rappresentazione nella quale è diventata un segno di immaturità: se non fai sesso, sei immaturo. E la sessualità si è intrisa dei valori del narcisismo, della paura di non essere adeguati. La sessualità oggi per i giovani è un ambito prestazionale, un’esperienza da fare più per sé che con l’altro, qualcosa da flaggare in una to do list fatta per sé e non con l’altro. Sempre più diffuso è sperimentare la perdita della verginità con persone con cui non c’è legame, sostenuti anche da uso di sostanze o alcol per riuscire ad accedere a quella perdita del controllo che la sessualità richiede. La paura di non essere adeguati c’è sempre e questo fa sì che venga un po’ slegata dall’emotività: ci si preserva da un ‘esperienza potenzialmente bella per la paura che possa essere potenzialmente dolorosa o spaventosa».
Femminicidi. La cronaca recente ci mostra assassini giovanissimi, nei loro vent’anni, quando l’amore potrebbe, o forse dovrebbe ancora essere spensierata esplorazione, e invece la relazione con l’altra persona diventa oggetto di tale difficoltà da diventare ingestibile e finire in tragedia. Su cosa lavorare per prevenire?
«All’Istituto di analisi dei codici affettivi Minotauro di Milano che quest’anno fa quarant’anni, con gli adolescenti da tempo affrontiamo l’educazione a lasciarsi. La mia è stata l’ultima generazione che credeva al “per sempre insieme”: oggi dobbiamo educare i giovani invece al lasciarsi per sempre. È molto più comune trovarsi nella condizione di doversi lasciare per sempre che dell’amarsi per sempre. Quindi vanno affrontati il temi del galateo del lasciarsi, le regole, le sofferenze, le difficoltà, le fatiche di una relazione che volge al termine. È importante iniziare a parlare anche di questo perché non c’è più oggi il “vissero felici e contenti” delle favole, la reversibilità delle relazioni fa parte dell’esperienza. Direi che vanno aiutati ragazze e ragazzi a gestire più che l’inizio la fine della relazione, una relazione nella quale il lasciarsi, la fine, è parte integrante».