“Valditara vieta i cellulari in classe. Ma è solo uno spot inutile e dannoso”, Matteo Lancini su La Stampa

Valditara vieta i cellulari in classe. Ma è solo uno spot inutile e dannoso

Telefonini vietati anche alle scuole superiori. Se questo provvedimento fosse accompagnato dalla decisione di connettere tutte le scuole, specialmente le secondarie di secondo grado, ad alta velocità, ventiquattro ore al giorno, come già fatto in tutti i luoghi di lavoro, ma anche nei bar e nelle stazioni, si potrebbe anche essere contenti del nuovo orientamento ministeriale. Perché la vicenda più preoccupante è che le nuove generazioni frequentano la scuola senza avere la possibilità di essere valutate anche attraverso prove open internet o utilizzando l’intelligenza artificiale. Invece, ancora una volta, ai giovani si toglie piuttosto che dare.

Domani iniziano le prove della maturità e invece di chiedere scusa agli studenti italiani perché anche quest’anno non siamo riusciti a organizzare prove di valutazione usando l’AI, che viene utilizzata in tutte le università del mondo, li perquisiremo come se fossero dei delinquenti. Questo perché manteniamo un sistema di valutazione in cui i ragazzi e le ragazze devono restituire quello che l’insegnante sa da sempre, invece di produrre elaborati che integrino le informazioni e le competenze acquisibili nella società onlife, quella dove reale e virtuale costituiscono un’unica realtà complessa. Quella in cui ci muoviamo noi adulti e nella quale li abbiamo costretti a nascere, essere continuamente fotografati e crescere.

La verità è che questo provvedimento intende ancora una volta sottolineare come le nuove generazioni siano dipendenti da internet, quando nessuno scienziato serio oggi sa definire cosa sia la dipendenza da internet, visto che il tempo trascorso in rete non è più l’unità attraverso la quale misurare la dipendenza stessa. Anche quest’anno, in teoria, era stato istituito il divieto dei telefonini alle scuole medie: un provvedimento nato per ottenere il consenso degli italiani votanti ma che nei fatti non è stato possibile attuare realmente. Utilizziamo slogan e definiamo regole che poi nemmeno noi, adulti elettori, siamo in grado di applicare. È un modo per distogliere l’attenzione da quello che è il vero problema della scuola: una realtà che andrebbe riorganizzata intorno alle esigenze attuali e future degli adolescenti. Del resto qualsiasi politico sa che chiunque di loro tocchi il sistema scolastico italiano è un soggetto politicamente finito.

Negli Anni 70 si parlava già di interdisciplinarietà e oggi ci sono ancora le materie, mentre l’avvento di Internet avrebbe reso possibile l’abolizione delle singole discipline a favore di nuove macro aree di apprendimento. Bisognerebbe insegnare a porre all’AI le domande giuste, così si preparerebbero gli studenti alla società odierna e del futuro: un mondo sempre più interconnesso che chiede altri modi di accedere al sapere. Bisognerebbe superare il concetto di voti, interrogazioni, bocciature nella fase più delicata dell’adolescenza. Invece, si resta ancorati al passato: terrorizzati da quella società che noi adulti abbiamo costruito e che ogni giorno promuoviamo, tranne che a scuola.