Condividiamo l’articolo di Matteo Lancini pubblicato su La Stampa (9 settembre 2025)
La vera forza di Velasco è la cultura dell’aiuto
Le dichiarazioni dell’allenatore dopo la vittoria ai Mondiali infondono speranza e danno un senso inattuale a termini come umanità, relazione e autorevolezza
Di Matteo Lancini
Le dichiarazioni di Julio Velasco dopo la vittoria ai mondiali infondono speranza e danno un senso inattuale a termini come umanità, relazione e autorevolezza, oggigiorno quasi sempre declinati in modalità aggressive, se non violente e repressive. Certo, ne parliamo perché la squadra femminile di volley ha vinto la competizione, ma anche se avesse perso la finale giocata contro la Turchia sono sicuro che Velasco avrebbe trovato forme espressive e comunicative altrettanto intense e rispettose nei riguardi delle giocatrici e dei suoi collaboratori. Anzi, probabilmente, avrebbe utilizzato parole e toni ancor più autorevoli e gentili. Anche nello sport, come a scuola, in famiglia e in ogni luogo della quotidianità, le giovani generazioni si rivolgono in modo più sincero e diretto ai propri adulti di riferimento rispetto al passato. La trama affettiva che governa l’approccio di qualsiasi giovane con qualsiasi figura adulta non è più da tempo quella dell’opposizione e della contestazione ma quella della ricerca di credibilità e autenticità relazionale. Adolescenti e giovani adulti, seppur con esigenze evolutive diverse, ricercano ruoli adulti capaci di instaurare un clima emotivo che consenta l’espressione e la valorizzazione dei propri talenti. Mentori, maestri, parroci e allenatori non riconosciuti per il titolo di cui sono insigniti dalle istituzioni ma per la capacità di allestire e gestire uno spazio comune dove il talento del singolo possa essere valorizzato e messo a disposizione della realizzazione di un progetto personale e collettivo. Allora si che è possibile impegnarsi, allora si che diventa piacevolmente faticoso allenarsi e studiare, allora si che ci si può far sostituire per il bene comune, anche se sei da tempo una star dei media. Allora si che la motivazione è autentica, viva e il desiderio di raggiungere il prossimo obiettivo evolutivo è acceso, anche se sei già un campione olimpico. L’insegnamento che tutti noi dovremmo trarre dalla parabola della nazionale femminile di pallavolo e del suo allenatore è che la disciplina e le regole trovano senso e applicazione se ci si sente visti e valorizzati, non se mortificano. Del resto, tutti gli adulti a cui devo qualcosa della mia formazione personale e professionale, sono state figure così, a loro modo dei Julio Velasco. I docenti e gli allenatori più autorevoli che ho incontrato nel percorso di crescita non facevano paura, non bocciavano, non allontanavano nessuno dalla classe e dal campo sportivo. Non ne avevano necessità, l’autorevolezza risiedeva nella capacità di valorizzare la specificità del talento mio e di ciascuno dei miei compagni, nell’attenzione contemporanea che ponevano al singolo e al gruppo, nelle sollecitazioni a lavorare per allenare e affinare le competenze necessarie, mai hanno perso tempo a punire. Questa è la differenza tra un adulto significativo e autorevole e chi invece chiama educazione e formazione l’utilizzo del potere datogli dal proprio ruolo di adulto.