Condividiamo l’intervista di Cinzia Testa ad Anna Arcari per corriere.it
Nei primi due anni di attività sono state supportate con orientamento telefonico, percorsi di supporto psicologico o accompagnamento ai servizi del territorio 538 famiglie, per un totale di 1338 persone. Il progetto, infatti, coinvolge non solo gli adolescenti, ma l’intero gruppo familiare. AccogliMi, inoltre, punta anche a coinvolgere le scuole e i quartieri attraverso percorsi di gruppo dedicati a tematiche particolarmente significative per la fascia d’età target, come le capacità relazionali, l’uso di sostanze stupefacenti, la gestione della rabbia. Nel periodo tra aprile 2022 e agosto 2024 sono stati 690 gli incontri organizzati che hanno coinvolto quasi 5mila tra adolescenti e familiari.
Una nota positiva. Il progetto ha dimostrato una grande capacità di intercettare il bisogno non ancora espresso: i monitoraggi, infatti, evidenziano come l’85% delle persone che contattano gli operatori di AccogliMi non sia attualmente in carico a nessun servizio specialistico, né lo sia stato in passato. «Questo dato», spiega l’assessore al Welfare e Salute Lamberto Bertolé, «ci dimostra come AccogliMi possa da un lato favorire l’accesso ai servizi specifici per chi ne ha bisogno e, dall’altro, aiutare ragazzi, ragazze e famiglie a non sottovalutare i primi segnali di disagio e a prendersi cura del proprio benessere prevenendo, in questo modo, la cronicizzazione di quella che all’inizio può manifestarsi come una temporanea situazione di difficoltà. Un’attenzione, quella alla salute mentale, che il Comune di Milano fa propria, pur senza dirette competenze in campo sanitario, per dare concretezza al principio secondo cui “non c’è salute senza salute mentale” che abbiamo con forza voluto affermare con l’iniziativa Milano4mentalhealth che ormai da tre anni accende un faro su quello che non dovrebbe più essere considerato un tema di Serie B».
Le ragioni alla base delle richieste? Le difficoltà degli adolescenti nel gestire il rapporto con gli altri, sia con i pari che con i genitori. Ma anche i disturbi di ansia e il ritiro sociale, un fenomeno in crescita dopo il periodo pandemico. Il progetto ha evidenziato anche differenze tra i due sessi: i disturbi d’ansia e la depressione sono stati prevalentemente rilevati nei casi di adolescenti femmine, mentre la gestione della rabbia, le difficoltà relazionali e di apprendimento risultano questioni prettamente maschili.
Le fragilità degli adolescenti di oggi
«È importante comprendere che oggi, come in tutte le epoche e in tutte le società, ci sono fattori sociali, socioeducativi, economici e culturali che influenzano l’adolescente durante il suo percorso che lo porta a diventare adulto», interviene Anna Arcari, psicologa, psicoterapeuta e Vicepresidente della Cooperativa Minotauro. «Per esempio, abbiamo avuto il Covid, ma anche, e questo a partire da prima del 2020, una rappresentazione del futuro come catastrofico, incerto. A questo si aggiunge che abbiamo una società molto competitiva, delle quotidianità complicate. Da qui, i problemi relazionali, che sono emersi come segnale maggiore di disagio».
La richiesta di aiuto parte nel 62% dei casi da un genitore, prevalentemente la madre, ma incoraggiante è il dato che vede il 19% degli adolescenti contattare il servizio direttamente, complice anche la messa a disposizione di canali considerati accessibili dai giovani. Meno numerose le segnalazioni da parte degli insegnanti (6%), tutor o altri familiari. L’età media degli adolescenti intercettati è di 16 anni e il 57% di loro è di sesso femminile. Per l’80% dei casi si tratta di famiglie di nazionalità italiana. «I ragazzi e le ragazze ci comunicano, attraverso il loro disagio e il loro comportamenti, la paura di perdere i legami» sottolinea Anna Arcari. «Spesso quindi la rabbia, l’aggressività in famiglia possono manifestare, più che intenzioni “trasgressive”, proprio l’impossibilità di separarsi, la fatica di guadagnarsi un’autonomia ma soprattutto di poter tollerare il timore che separarsi dai genitori possa voler dire in un qualche modo perderli e perdere un sostegno fondamentale, di coloro che li hanno sostenuti, accompagnati e messi al centro delle loro vite per anni, al fine dello sviluppo identitario dei figli».
Dall’altra, continua la psicologa, c’è la necessità di diventare sé stessi anche nell’ambito delle amicizie, di costruire quei nuovi legami che lentamente andranno a sostituire quelli familiari. Ma non è così scontata la costruzione di un nuovo legame, perché soprattutto in un’età come quella adolescenziale, è difficile integrare la ricerca dell’appartenenza, dell’essere simili, della condivisione degli stessi valori con il bisogno di affermare sé stessi ed essere accettati come unici e speciali. Questo causa conflitti molto dolorosi perché oggi, più che in passato, nelle relazioni coi pari si cerca soprattutto conferma e rispecchiamento del proprio valore.
I numeri del progetto
Complessivamente, il progetto ha raggiunto 1.338 cittadini, tra adolescenti, genitori, insegnanti e operatori. Delle 538 famiglie prese in carico, 307 hanno partecipato anche a un percorso di rete o di consulenza, mentre 231 casi sono stati chiusi dopo la fase iniziale di accoglienza. Il progetto ha inoltre promosso 256 gruppi per adolescenti e genitori, organizzando complessivamente 690 incontri e coinvolgendo 4.979 partecipanti, per un totale di 12.034 contatti. Le attività di gruppo si sono concentrate su sensibilizzazione, peer tutoring nelle scuole superiori, sviluppo di competenze trasversali e promozione del benessere. Sono stati attivati 240 gruppi per adolescenti, 8 per genitori e 5 per adulti e cittadini.
Il progetto ha inoltre lanciato 17 gruppi di peer education, che hanno formato adolescenti in grado di supportare e orientare i loro coetanei.
«Questo progetto è stato straordinario perché ci ha permesso di ascoltare in modo tempestivo tante famiglie che potevano chiedere aiuto in modo facile, telefonando oppure scrivendo in chat», sottolinea Anna Arcari. «Alcune famiglie sono state accompagnate ai servizi del territorio perché effettivamente serviva una valutazione approfondita, un supporto psicologico propriamente detto. In altri casi invece bisognava “solo” aiutare genitori e adolescenti a dare senso alle loro difficoltà e mettere a fuoco le loro autentiche esigenze per poi creare un ponte con le risorse educative e ricreative, accompagnare adolescenti e famiglie a scoprire progetti di ricreazione, di socializzazione, per aiutare i nostri adolescenti di oggi, che hanno vissuto l’esperienza della pandemia, a fare amicizie, a stare con gli altri, a condividere il proprio tempo».
Il progetto AccogliMi
È realizzato e finanziato dal Comune di Milano, in collaborazione con Ats e “Rete delle scuole che promuovono salute” ed è gestito per conto dell’Amministrazione da alcuni enti del Terzo settore che hanno partecipato in raggruppamento alla coprogettazione: la cooperativa Minotauro, capofila, Ceas, Nivalis, Zero5, Lotta contro l’emarginazione, Comunità Nuova, Diapason e Comin. Ha previsto l’attivazione di un numero verde e di una chat whatsapp e telegram a cui rispondono operatori con competenze diversificate e multiprofessionali che possono offrire ascolto e un sostegno adatto alle esigenze di ciascuno. Il numero verde – 800 666 315 – e il numero di cellulare – 335 1251973 – messo a disposizione per le chat, sono attivi il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 16 alle 19 e il sabato dalle 10 alle 12, calendario pensato proprio per intercettare le disponibilità dei ragazzi fuori dagli orari scolastici.
«Questa modalità di servizio di ascolto tempestivo e ben distribuito in tutta la città, con canali facili di accesso, ha un’azione preventiva e impedisce che i segnali non ascoltati diventino delle problematiche», sottolinea Anna Arcari. «Inoltre, il Progetto ci ha permesso di capire che bisogna in un qualche modo fare rete, perché se gli adolescenti hanno problemi con le relazioni, ci stanno comunicando che la nostra società di oggi manda un messaggio pessimista, che parla di individualismo, di solitudine, di marginalità, di conflitti in cui l’altro viene eliminato. È importante dunque la nostra risposta con interventi sul territorio, con una rete sociale complessa attorno a loro, con legami sociali pronti ad attivarsi in caso di necessità».