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Condividiamo l’articolo di Cristina Marrone per Corriere.it sui cambiamenti negli stereotipi di ruolo nei cartoni animati nel corso degli anni, specchio dell’evoluzione dell’ideale di femmina e di maschio. Nell’articolo viene intervistata Laura Turuani, coautrice con Elena Riva, Sofia Bignamini e Lisa Julita di Nuovi principi e principesse. Identità di genere in adolescenza e stereotipi di ruolo nei cartoni animatiedito da Franco Angeli.

Questo programma «è presentato così com’è stato concepito in origine. Potrebbe contenere stereotipi culturali ormai superati». Chi oggi acquista un film Disney datato leggerà questa scritta prima dell’inizio del film. Senza dubbio rivedere oggi Biancaneve (1937) o Cenerentola (1950) potrebbe suscitare sconcerto e disappunto: «Ma eravamo davvero così?». In effetti i cartoni animati della Disney sono un insieme di stereotipi a cui intere generazioni (pur inconsapevoli) si sono ispirate. Proprio l’evoluzione di questi personaggi riflette come sono cambiati in quasi un secolo le aspettative di maschi e femmine nella nostra società, mostrando le profonde trasformazioni socio culturali avvenute nell’arco di questo tempo.

Le ragazze di oggi

Oggi alle ragazze non si chiede più di essere dolci, fragili e dipendenti, ma piuttosto autonome, determinate, efficienti mentre nei giovani uomini sono più apprezzate sensibilità ed empatia piuttosto che forza e coraggio. Quattro psicoterapeute dell’istituto Minotauro di Milano, centro che si occupa di disagio adolescenziale e dipendenze, hanno selezionato 18 film con protagonisti adolescenti e ne hanno analizzato il processo di costruzione identitaria nel passaggio dall’infanzia alla vita adulta. «Negli ottant’anni che separano Biancaneve da Vaiana, protagonista di Oceania, il ruolo e l’immagine della donna sono radicalmente cambiati» commenta Laura Turuani, psicologa e psicoterapeuta che con le tre colleghe Elena Riva, Sofia Bignamini, Lisa Julita ha scritto «Nuovi principi e principesse. Identità di genere in adolescenza e stereotipi di ruolo nei cartoni animati» (Edizioni Franco Angeli).

Ruoli tradizionali

Le principesse dei primi cartoon ispirati alle favole tradizionali sono giovani donne docili e gentili, ingenue e sottomesse, che accettano senza protestare il proprio destino. Cucinano e ramazzano cantando, sicure che prima o poi comparirà il Principe Azzurro che le renderà per sempre «felici e contente». Non vedono l’ora di poter accudire il proprio amato. Nella Bella Addormentata nel Bosco addirittura la festa del sedicesimo compleanno si trasforma improvvisamente in matrimonio e la protagonista è tutt’altro che turbata, anzi è felice di finire tra le braccia del principe poco più che bambina. «Le principesse della tradizione sono così ingenue e sprovvedute da non poter uscire di casa senza la protezione di un uomo. In Cenerentola il Principe non ha neppure un nome: bastava essere principe e maschio per salvare le femmine dal peggior destino: la solitudine» sottolinea Laura Turuani.

Alla conquista dell’indipendenza

Solo verso la fine degli anni Ottanta le protagoniste dei cartoni della Disney cominciano a manifestare il desiderio di autonomia e la volontà di esplorazione. Diventano coraggiose, si mascolinizzano, sfidando anche l’autorità del padre per uscire dalla loro gabbia dorata. Ariel (La Sirenetta), Belle (La Bella e la Bestia), Jasmine (Aladdin), Pocahontas e Mulan incarnano una personalità avventurosa, sfoderano doti atletiche e fanno proprie le cosiddette competenze «virili»: coraggio e ragione. Con il film La Sirenetta del 1989 ha inizio la fase della transizione. Le principesse (che già hanno conquistato il ruolo e non aspettano di diventarlo) arrivano da nuovi mondi (Asia, Sud America) e sono più curiose che spaventate. Rappresentano piuttosto lo specchio delle adolescenti degli anni Settanta: intraprendenti, trasgressive, aperte al mondo e insofferenti ai limiti imposti dalla famiglia e dalla società. Non basta più essere belle e devote, le storie di queste giovani donne sembrano suggerire che l’unico modo per emanciparsi nel corpo e nella mente sia esibire una fisicità con competenze atletiche a tratti guerresche (siamo nel periodo di Margareth Thatcher, negli anni in cui le «donne in carriera» indossavano rigidi tailleur di taglio maschile dalle spalle imbottite come corazze per scendere in campo nell’arena del potere maschile). Sul piano estetico la femminilità delle nuove eroine Disney non è affatto sacrificata, piuttosto i canoni si trasformano e sono decisamente meno stereotipati. Non più una femminilità angelica, bionda e fragile, piuttosto la chioma fulva della Sirenetta, replicata anche in altri personaggi, rappresenta una femminilità ribelle e indipendente, ma anche sensuale.

Impatto sulle relazioni

Questi cambiamenti si consolidano nei cartoni animati del Nuovo Millennio dove le protagoniste sono dotate di tratti identitari più complessi. Le nuove principesse non considerano più la formazione della coppia amorosa l’esito necessario del percorso di crescita. L’unica che si sposa ancora (la prima di questa nuova fase) è Tiana protagonista de La Principessa e il ranocchio(2009). Al termine della loro avventura Merida (protagonista di Ribelle), Elsa (Frozen) e Vaiana (Oceania) rinunciano invece a costruire una famiglia anteponendo altre priorità. Il matrimonio smette di essere un obiettivo esistenziale o un obbligo sociale. La relazione tra maschi e femmine, pur rimanendo importante non è l’unica: complicità, solidarietà, amicizia segnano il passaggio dalla coppia romantica «per sempre» alla coppia amicale, destinata a separarsi alla fine dell’avventura. L’intensità di una relazione ha un valore maggiore rispetto alla durata. C’è l’idea molto chiara che il colpo di fulmine non esiste (Frozen); in Oceania non c’è neppure il minimo accenno ai corteggiamenti. Piuttosto la protagonista mette in chiaro: «io non sono una principessa ma sono un capo».

Superare gli stereotipi

Rivedere questi cartoni con i propri figli può servire ad approfondire l’evoluzione degli ideali e degli stereotipi di genere presenti nella nostra cultura. «È importante però prestare molta attenzione per evitare il rischio che al vecchio stereotipo di una femminilità fragile e dipendente e di una virilità dominante e aggressiva si sostituiscano nuovi modelli altrettanto rigidi e prescrittivi» avverte Turuani. «Oggi i modelli di genere non sono più considerati espressioni “naturali” cui il singolo deve adeguarsi, ma sono invece costruzioni “fluide”, libere da stereotipi, che ciascuno crea (con fatica) in modo unico, sulla base delle proprie idee e delle proprie aspirazioni».

Eroi in crisi di identità

Anche sul versante maschile, un po’ meno ricco di protagonisti, i cambiamenti sono evidenti. Se l’identità dei principi della tradizione si esaurisce nella forza, nel coraggio, nella bellezza, nell’appartenenza a un casato, già con La spada della roccia (1963) la forza fisica non basta più: ogni giovane per realizzarsi a pieno deve possedere non solo muscoli ma anche cervello. Con la Bella e la Bestia (1991) ed Hercules (1997) la capacità di amare diventa dote essenziale (Hercules rinuncia all’immortalità per salvare la sua amata). La fase più recente della filmografia Disney fa da cassa da risonanza alla crisi del maschio in cerca di una soluzione, cercata spesso nella cura estrema della propria immagine (Maui, in secondo piano rispetto alla principessa Vaiana, in Oceania, non manca di vantarsi dei muscoli tatuati). Le nuove trame descrivono anche la scomparsa del Padre, ridotto a figura ridicolizzata e svalutata o sostituito da un gruppo di amici (Big Hero6).

 

Fonte: Corriere.it