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Condividiamo l’intervista di Niccolò de Rosa a Matteo Lancini per fanpage.it.

Se un tempo madri e padri erano obbligati a lasciare i figli a due isolati da scuola per timore che qualcuno potesse vederli insieme, i genitori moderni sono invece presenze molto visibili e partecipi alla vita scolastica dei ragazzi.

Oggi infatti, i genitori non solo non si nascondono più dagli occhi di compagni di classe e insegnanti, ma anzi accompagnano i figli all’orale della Maturità – l’esame per eccellenza che nel percepito comune rappresenta il vero passaggio dall’adolescenza alla vita adulta – per sostenerli e celebrarli con mazzi di fiori, bottiglie di spumante e coperture social degne del Festival di Cannes.

Il fenomeno è ormai diventato talmente diffuso che il sempre attento (e giudicante) sguardo dell’opinione pubblica si è subito messo in moto per creare i consueti schieramenti tra i contrari, convinti che si tratti dell’ennesima esagerazione commessa da genitori che amano troppo i figli, e i favorevoli che invece non trovano nulla di male in una dimostrazione che, benché un po’ appariscente, denota affetto e desiderio di celebrare il successo dei ragazzi.

La questione però potrebbe essere più ampia e affondare le radici nello stesso impianto educativo che la nostra società ha allestito per coltivare le nuove generazioni.

“Non ha molto senso considerare il singolo episodio e valutarlo come se fosse un fatto di costume” afferma a Fanpage.it Matteo Lancini, psicoterapeuta, autore e docente di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. “Il discorso è più ampio e riguarda l’intera società, dove le esigenze dei bambini e degli adolescenti sono sempre più marginali”.

Adulti (troppo) ingombranti
Per Lancini, il focus principale non risiede nella solita diatriba sull’inadeguatezza – vera o presunta  – delle mamme e dei papà moderni ma in una società adulta dissociata, che afferma di crescere bambini più consapevoli e autonomi che però non possono muovere un passo senza avere dietro un adulto.

“Ormai viviamo nella società del ‘corpo sequestrato’ dei bambini: i ragazzi non possono muoversi, non possono andare in cortile da soli, sono controllati nelle loro attività dal registro elettronico e tutto ciò che fanno finisce immediatamente nelle chat dei genitori, che spesso sono le prime fonti di disagio e cyberbullismo” spiega il professore.

“La diretta conseguenza è il genitore che, dopo aver iper-protetto il bambino dalla società pericolosa, si presenta fuori dal liceo con un mazzo di fiori per festeggiare la Maturità”. Un comportamento che, secondo lo psicologo, non è sbagliato in sé, ma è indice di un protagonismo che cela una fragilità di fondo.

“Qualcuno legge simili atteggiamenti come attenzioni e cure che forse possono far presupporre un eccesso d’amore da parte delle mamme o dei papà” sottolinea Lancini. “In realtà, ciò che interessa agli adulti è sentirsi adeguati come genitori e come educatori. Dei ragazzi, alla fine dei conti, non importa nulla a nessuno, mondo della scuola incluso, visto l’immobilismo degli ultimi decenni”. A ciò si aggiunge poi la tendenza, tipica dei tempi moderni, alla spettacolarizzazione di ogni aspetto della vita privata, trasformando un momento come la maturità – “l’unico rito iniziatico rimasto” secondo Lancini – in un palcoscenico per mostrarsi presenti, attenti e partecipi ai traguardi dei figli.

“Un genitore potrebbe esprimere al proprio figlio tutta la sua gioia e la propria commozione anche nella riservatezza della propria intimità” riflette il professore. “Oggi invece la società rema in direzione della pornografizzazione di tutto, dove non c’è distinzione tra la vita reale, privata, e la vita online, di pubblico dominio”.

Allargare la visione
Non si tratta dunque di criticare il mazzo di fiori o l’album fotografico per l’uscita trionfale dall’ultimo esame del liceo, ma di un’analisi più ampia sulla direzione generale intrapresa dal nostro sistema

“Non si può isolare un singolo aspetto senza rendersi conto di cosa si sia costruito a partire dall’infanzia di questi ragazzi” conclude Lancini. “Il punto fondamentale è capire che i problemi dei ragazzi non sono i genitori che amano troppo, i social, o i videogiochi, ma un mondo di adulti che escludono completante i figli e continuano a mettersi al centro per sentirsi all’altezza della situazione”.