Gli adolescenti fanno (anche) sexting con l’intelligenza artificiale in cerca di commenti positivi
di Cristina Marrone
Molti ragazzi utilizzano i bot come confidenti per sentirsi apprezzati e amati. La psicoterapeuta: «La paura di soffrire porta a cercare relazioni a rischio zero»
Le preoccupazioni dei genitori per le attività dei figli legate alla Rete e alle tecnologie non sembrano avere mai fine, tanto che a qualcuno il tempo perso davanti ai videogiochi invece che studiare potrà sembrare il male minore. Dopo lo sliping texting, il vamping, la nomofobia e altre patologie dei giovani iperconnessi ora i genitori devono fare i conti anche con i risvolti ancora poco conosciuti dell’intelligenza artificiale, già ampiamente usata come supporto emotivo. In una nuova frontiera tecnologica del «sexting» gli adolescenti stanno infatti intrattenendo conversazioni romantiche e sessuali con i chatbot.
Il Washington Post racconta che sulla base di interviste con i genitori ed esperti e conversazioni pubblicate sui social è emerso che i dialoghi con i chatbot possono spaziare da contenuti romantici fino ad allusioni sessualmente esplicite e violente. Le conversazioni tra adolescenti e chatbot AI si svolgono principalmente con strumenti di «AI companion» come Character.AI, Replika, Talkie, Talk AI, SpicyChat e PolyBuzz, ma anche app AI più generiche come ChatGPT, Gemini e Meta AI possono generare contenuti più esplicitamente sessuali con i giusti prompt.
Tipi di interazione e piattaforme
Queste interazioni spaziano da scambi amichevoli a conversazioni terapeutiche, divertenti e romantiche. «Molti adolescenti li utilizzano come confidenti, trovandovi uno spazio non giudicante per esplorare la propria identità di genere o sessualità, o per chiedere consigli imbarazzanti che non rivolgerebbero a un adulto» dice Laura Turuani, psicologa e psicoterapeuta all’Istituto Minotauro di Milano che conferma come l’utilizzo dei chatbot per questi scopi sia molto diffuso, diventando per alcuni una «presenza quotidiana» e un «riferimento primario».
Perché i ragazzi si rivolgono all’AI?
Come mai i ragazzi si rivolgono all’intelligenza artificiale come se fosse un amico o un fidanzato? «Questi chatbot sembrano saturare gli spazi vuoti lasciati da noia e solitudine, tipici dell’adolescenza: offrono una “presenza” costante, un rispecchiamento e un rinfrancamento narcisistico, facendo sentire i ragazzi visti, ascoltati, guardati e apprezzati» sottolinea Turuani. In un’epoca che registra una «recessione sessuale senza precedenti» e una crescente difficoltà nelle relazioni reali, l’AI si inserisce come soluzione. «La ragione principale – spiega la psicoterapeuta- è la ricerca di “relazioni a rischio zero”. I ragazzi hanno paura di soffrire, di tollerare le emozioni negative e la delusione. L’ AI offre la sicurezza di qualcuno che non ti lascerà, non ti farà soffrire, ti tratterà bene e ti ammirerà sempre, ma così viene a mancare l’adrenalina di lanciarsi in una relazione, di provare emozioni nuove ma vere». E i chatbot, almeno per ora, sono molto accondiscendenti, adulatori e servili. In questo contesto, l’adolescente si posiziona più come “oggetto d’amore” che come “soggetto in grado di amare”.
Il collaudo del proprio corpo
Anche il sexting con i chatbot rientra in questa logica. Non si tratta tanto di inviare le proprie foto, quanto di cercare da quelle immagini commenti positivi in una «relazione» dove ovviamente manca una reciprocità reale. In adolescenza il corpo, spesso visto con ideali di perfezionismo e prestazione, diventa difficile da “collaudare” nella realtà. «Le chat AI fungono da “palestra sociale” o “palestra delle emozioni“, un’area di sperimentazione identitaria in cui testare il corteggiamento, l’intimità e la costruzione della propria identità, protetti dallo schermo» riflette Laura Turuani che insegna “Problemi nelle relazioni sentimentali e sessuali” alla scuola del giovane adulto della Fondazione Minotauro.
Rischi e opportunità
Gli esperti avvertono che le chat con l’AI possono portare ad «aspettative irrealistiche sul sesso e sulle dinamiche relazionali» Possono esacerbare solitudine, depressione e ritiro dalle relazioni reali, oltre a presentare rischi di dipendenza e persino, in casi estremi, correlarsi a problemi di salute mentale fino al suicidio. Tuttavia, l’AI può offrire anche vantaggi, come uno spazio sicuro per esplorare o praticare abilità interpersonali. La vera preoccupazione non è la rete in sé, ma i bisogni sottesi al suo utilizzo: vuoto, bassa autostima, angoscia della solitudine, paura di non essere amati.
Il ruolo dei genitori
Di fronte a queste nuove modalità di utilizzo della tecnologia i genitori dovrebbero monitorare le app utilizzate dai figli e assicurarsi che gli account siano configurati con l’età corretta. «È fondamentale aprire un dialogo onesto ed essere curiosi di quello che i figli fanno, cercando di capire che cosa cercano nel chatbot e perché» puntualizza Turuani. . «Invece di allarmarsi e bloccare le app – conclude la psicoterapeuta – la priorità è comprendere le fragilità sottostanti, come la paura del rifiuto, la bassa autostima, il bisogno di ammirazione o la paura di non sentirsi amati. È cruciale insegnare ai ragazzi a tollerare l’errore, ad accettare la frustrazione e a valorizzare l’impegno nelle relazioni reali, recuperando il concetto di “amare” piuttosto che concentrarsi solo sull’essere amati».