Condividiamo l’intervista di Gaia Giorgetti a Matteo Lancini per il settimanale F.
INDIVIDUALISMO ESASPERATO, INCAPACITÀ DI EMPATIA, disturbi mentali sono condizioni che alimentano sentimenti di frustrazione e odio: gli hater nascono da qui, ma anche da una società che ha messo sullo stesso piano realtà e virtualità. Tutto si vive in rete, si è amplificata la possibilità di dire la propria opinione, ma c’è chi sa solo offendere.
Quindi gli odiatori della rete sono figli dei nostri tempi?
Cantanti, musicisti, scrittori, psicologi, tutti diventano influencer. Vogliono tanti like, pubblicano sui social aperti a tutti, come se si rivolgessero alla ristretta cerchia di amici. Me se ti rivolgi a un potenziale popolo di miliardi di persone sperando di avere solo gente che ti vuole bene, è onnipotenza narcisistica.
Nella normalità, possiamo avere al massimo qualche amico e qualcuno che ci odia di certo c’è. In mezzo a milioni di utenti, s’incappa per forza in chi ti detesta.
Come se ne esce?
Non dobbiamo concentrarci solo sugli hater, ma anche sul modello di una società che prima viola l’intimità e poi pretende che davanti alla malattia tutti abbiano rispetto.
C’è l’altro lato della medaglia: parlare di sofferenze aiuta a superare i tabù.
Vero, ma non si possono avere tanti follower senza hater.
Cosa spinge un «<leone da tastiera>>?
La notorietà: l’hater diventa protagonista, insulta pur di prendersi lo spazio di Fedez. Come dire: ci sono anch’io.