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Condividiamo l’intervista di Valeria Pini a Matteo Lancini per La Repubblica sulle peculiarità della sessualità in adolescenza e sui cambiamenti derivanti dalla pandemia.

Il coronavirus ci ha reso più vulnerabili. Una fragilità che coinvolge anche i ragazzi che si affacciano alla vita. Diminuiscono le possibilità di fare incontri, di innamorarsi, di avere rapporti sessuali. Secondo uno studio dell’Università di Firenze e di Catania su 1515 giovani, dopo il lockdown il 53% ha dichiarato di non essere appagato sessualmente. Un dato che cresce al diminuire dell’età. «Il Covid-19 ha cancellato parte della socialità dei ragazzi. Diventa più difficile conoscere coetanei e innamorarsi, anche se esiste lo spazio virtuale dove sono in continua comunicazione con gli altri. Ma il virus non fa altro che accelerare un fenomeno iniziato da tempo. Oggi fra i giovani c’è un minor interesse per il sesso», spiega Matteo Lancini, psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro di Milano e docente all’Università Milano Bicocca.

Perché i ragazzi sono meno interessati alla sessualità?

«Viviamo in una società più libera, meno sessuofobica di quella precedente. Basta pensare che oggi i fidanzati adolescenti possono incontrarsi per passare la notte insieme a casa dei genitori. Non ci sono più le “fuitine” del passato e il desiderio di trasgressione. Anche la curiosità per il sesso sembra svanire, perché i giovani possono accedere a migliaia di video e immagini pornografiche online. La sessualità non è più avvolta da quel velo di mistero che aveva in passato. Non c’è la curiosità, la scoperta. Fra l’altro c’è anche un altro motivo che ha portato a questo cambiamento: oggi il sesso non è più l’unico mezzo per procreare e anche questo ha tolto centralità all’accoppiamento».

Il distanziamento non è riuscito ad alimentare il desiderio per l’altro?

L’isolamento ha fatto sicuramente aumentare il desiderio dell’altro, ma è il concetto stesso di desiderio a essere cambiato. La pandemia non ha fatto altro che dare più spazio a questa tendenza. Oggi non si vuole possedere il corpo dell’altro, ci si innamora di più della sua immagine. I giovani hanno meno necessità di condividere e vivere la sessualità, perché vogliono vivere nella mente dell’altro. È un fenomeno portato da internet, dal mito dell’apparenza e dell’immagine. La società narcisistica ha cambiato i rapporti fra individui».

Che valore ha in questo contesto la perdita della verginità?

«Non è più un rito di passaggio come in passato. Oggi è un’esperienza che va affrontata, ma non è più considerata così importante. I giovani gestiscono questo momento della vita come una cosa che va fatta e basta. Nel loro quotidiano, prendono sempre più spazio i rapporti sessuali online, il sexting. Ci sono diverse modalità di condividere contenuti erotici a distanza. La paura per il virus e il distanziamento non hanno fatto altro che amplificare questo».

Andiamo verso un mondo senza sesso?

«Lo vedo nella pratica clinica ogni giorno: avremo una recessione sessuale delle nuove generazioni. I miei giovani pazienti non sono particolarmente interessati a questo tema e il contesto non li aiuta. Pensate a che cosa vuol dire corteggiare una persona con la mascherina o, come viene consigliato nelle relazioni occasionali, fare l’amore con la mascherina per evitare i rischi di contagio. E l’esatto contrario di quello che serve in una relazione: il contatto con l’altro. Il sesso non è più una priorità e la presenza del virus fa il resto».

Con la paura del virus si potrebbero complicare le vite dei giovani che tendono all’isolamento sociale?

«Anche prima del Covid i ragazzi ritirati non erano pronti a incontrare l’altro. A volte sono bloccati dalle loro timidezze e molti oggi anche per la paura di contaminare i genitori con il virus. Ma le reazioni cambiano da individuo a individuo. Alcuni di loro riescono ad aprirsi e magari a fidanzarsi o line grazie all’incontro virtuale con l’altro. E in rete possono nascere relazioni molto profonde».

È possibile invertire questa tendenza?

«Abbiamo lavorato anni per promuovere una cultura giovanile in cui sessualità significhi anche protezione, affetto e rispetto peri bisogni del partner. Ora più che mai gli adulti si devono impegnare a favorire l’incontro in carne e ossa con l’altro. Il corpo deve uscire dalla protezione adulta ed essere consegnato ai figli. Dobbiamo contrastare l’idea dell’incontro con l’altro come minaccioso. E chiaro che ora questo non è possibile per il coronavirus, ma dopo la diffusione delle piazze e delle battaglie virtuali, prepariamoci al sesso a distanza. Qualche sensore collocato qua e là sul corpo e una maschera immersiva. Non esiste un sesso più sicuro di così».