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Condividiamo l’intervista di Francesca Muccio per il Quotidiano del Molise a Gustavo Pietropolli Charmet, che spiega gli effetti della situazione attuale sugli adolescenti.

Professor Charmet, stiamo attraversando un periodo critico e molto doloroso, ricco di sfide, di cambiamenti e di domande anche per gli adolescenti. Come possono i genitori aiutare i propri figli ad affrontare questa nuova situazione?

In quest’occasione emergenziale legata al Covid, così coinvolgente e traumatica, con famiglie rintanate in casa, si avvera una situazione di intensità e vicinanza. La famiglia attuale non è quella di un tempo. È mononucleare. Ha una caratteristica specifica: non trasmette regole ma affetti. Attualmente, essa, più che in altre occasioni, condivide lo spazio domestico. L’aiuto che i genitori possono dare ai figli non è nel non aver paura, ma nell’elaborare la paura della morte. È così che la catastrofe può divenire una risorsa educativa per i figli di tutte le età. Essa, cioè, può servire a parlare della morte, della paura e della responsabilità individuale che pesa tanto sulle famiglie, quanto sui ragazzi. Dipende, infatti, da loro riuscire a sconfiggere il virus. I medici non hanno molte armi: né molte medicine né vaccini. E, peraltro, mancano i luoghi di cura, a fronte dell’elevato numero dei contagi. Le misure di contenimento sono, dunque, legate al senso di responsabilità, ma anche di consapevolezza di ciascuno. Stare in casa, non uscire, non abbracciarsi sono gli unici modi che consentono di evitare che il numero degli infetti si accresca. Solo così si potrà riuscire a curare le persone già contagiate. Gli adulti devono far comprendere che questa che stiamo affrontando non è una rinuncia dolorosa, ma una responsabilità bella da assumersi, un modo per sostenere la società della nostra civiltà. Ciò che si può fare è, in buona sostanza, evitare il contagio. Nel far ciò, i ragazzi sono in prima linea, perché i più propensi ad abbracciarsi e naturalmente portati a stare insieme, data la giovane età.

Possiamo dire che gli adolescenti sono meno spaventati in questo periodo, rispetto ai bambini e agli adulti, poiché l’isolamento e la solitudine sono condizioni che molti di loro conoscono?

Possiamo affermarlo, anche perché gli adolescenti hanno due modi di stare in relazione: fisicamente o virtualmente. In un momento in cui sono isolati fisicamente, è attraverso i mezzi di comunicazione che riescono ad interagire. I miei nipoti, ad esempio, si ritrovano insieme attraverso la scuola digitale. Gli adolescenti sono quelli che riusciranno ad avvantaggiarci di più in questo disagio, dal punto di vista dei valori della solidarietà e della dimensione etica, sebbene non siano, se guardiamo le cifre in nostro possesso, direttamente colpiti dal morbo.

La condizione prolungata di convivenza forzata tra le mura domestiche può offrire ai genitori l’opportunità di creare con il figlio adolescente uno spazio di ascolto nuovo, dove egli possa esprimersi e raccontarsi?

L’attuale situazione produce certamente svantaggi: la rinuncia al lavoro, alla scuola, allo sport, alla vacanza, al ballo, alla musica… Di contro, gli adolescenti hanno la possibilità di avere una distanza più ravvicinata con i genitori. Per tale ragione, il trauma della perdita della possibilità di esprimersi socialmente col mondo esterno può diventare una opportunità di crescita relazionale. È noioso restare chiusi in casa, può accrescere i conflitti, e ciò è normale. Ma dopo ci sarà una maggiore conoscenza reciproca. I traumi possono avere una evoluzione educativa, aiutandoci a conoscerci e ad apprezzare di più gli altri.

Può essere questo un “tempo di prova” per sperimentare nuovi spazi, nuove cose, nuove alleanze, nuovi progetti?

L’emergenza rende molto difficile capire quale e come sarà il nostro futuro. Ed i ragazzi possono restare sbigottiti da questa incertezza. Ad esempio, ad oggi ancora non sanno se torneranno in aula o meno. Tale difficoltà di intravedere un futuro anche prossimo costituisce un trauma che può disarticolare e rendere nebulosa la crescita. Ma certamente, come detto, può aiutare ad acquisire maggiore consapevolezza e responsabilità.

Questa nuova modalità di relazione scuola/studente può essere l’occasione/ripensamento per la scuola stessa affinché i ragazzi diventino protagonisti dell’apprendimento?

Speriamo sia così. Speriamo che i docenti articolino un insegnamento non più ex cathedra, verticale, ma una relazione più fraterna, orizzontale. La ripresa della scuola “vera” potrà avvenire solo con idee nuove. E gli insegnanti saranno chiamati a stimolare la capacità di ricerca dei discenti. Sarà certamente difficile in alcuni casi, dove vige maggiore conservatorismo. Di certo, sarà prezioso riflettere sulla importanza dell’ “esser stati insieme, a distanza”.

Per l’adolescente “recluso” la noia può essere uno stimolo a tirar fuori la curiosità, a ricercare nuove opportunità, a sollecitare la fantasia e la creatività?

Sì, perché di solito la reclusione – carceraria, ospedaliera, della malattia, del viaggio verso una meta maggiormente propizia per il futuro dell’adolescente – è una occasione per stimolare la creatività. Per fare un esempio, si scrive più in carcere che fuori dal carcere. Erroneamente si pensa che i carcerati abbiano bisogno dell’apprendimento professionalizzante, mentre, in realtà, essi avvertono forte il bisogno di cultura. I ragazzi, che attualmente sono considerabili “reclusi”, possono, in realtà, sentirsi stimolati a tirar fuori la curiosità, a ricercare nuove opportunità, a sollecitare la loro fantasia, anche solo per “ammazzare” la noia.

Possiamo affermare che, in questo momento, si è diffusa, tra gli adolescenti, la paura di perdere gli affetti più cari, la propria quotidianità e le relazioni costruite?

Speriamo che riescano ad avvertire la paura e che la loro abituale spavalderia non li porti a negare il fatto che siamo “sotto tiro”! Se vivono la paura possono trovare risorse per porsi e porre gli altri fuori dal virus. In primis percependo e sottolineando l’importanza delle misure di contenimento. L’emergenza ha educato gli adolescenti alla morte. I lunghi cortei di carri funebri li hanno trovati impreparati, perché essi la morte l’hanno sempre percepita lontana. Ora hanno, invece, capito che è più vicina di quanto potessero immaginare. In breve, si sono resi conto di quanto sia fragile e precaria la nostra stessa esistenza.

Come può essere pensato il rientro dell’adolescente alle proprie attività ed impegni dopo tanto tempo di isolamento forzato? E la ripresa delle relazioni?

Dipingere questi scenari è, attualmente, molto difficile. Non sappiamo bene quali saranno i prossimi provvedimenti adottati dal Governo. Certo, il fatto di poter tornare a scuola come spazio di incontro con la propria generazione sarà importante. Anche l’apertura degli spazi di gioco lo sarà. Ma la “fuoriuscita” da questa emergenza sarà condizionata dal virus. Gli adolescenti già comprendono che ogni “altro” potrà essere “contagioso”, e viceversa.

 

FONTE: Quotidiano del Molise