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Riportiamo il commento di Silvia Lo Vetere al film La La Land, pubblicato su La 27esima ora del Corriere.it

L’amore, il sentimento da sempre più celebrato. Oggi, per certi aspetti, forse più complicato che mai. In La La Land, uscito di recente nelle sale cinematografiche, i protagonisti sono Sebastian e Mia. Due giovani che si innamorano l’uno dell’altra e che hanno ognuno un grande sogno personale nella vita: lui, musicista, vuole che il mondo conosca e apprezzi il suo modo di fare jazz. Lei, sin da bambina, coltiva il sogno di fare l’attrice. Due passioni in entrambi intense, coinvolgenti, che li portano ad affrontare e a superare cocenti delusioni, sacrifici e abbattimenti, prima di arrivare alle rispettive mete. Ci arrivano alla fine. Grazie anche al grande amore che li unisce e che li sostiene. Un amore, profondamente complice, in più occasioni disposto a tollerare il limite di un tempo che vorrebbero trascorrere molto di più insieme e di un progetto comune che, nelle loro vite sempre più impegnate, stenta a prendere forma. Nel film l’amore romantico torna sul palcoscenico in gran forma, tutt’altro che vinto. Torna con tutti i classici e ammalianti ingredienti di sempre: le atmosfere, l’attesa, il desiderio, l’affinità elettiva, la passione mai paga. C’è però un grande assente. Quello che lascia un po’ a bocca asciutta i romantici più inveterati, ma forse non solo loro: il lieto fine. O per lo meno il lieto fine classico, atteso e prevedibile, di ogni trama romantica.
Mia e Sebastian, dopo qualche anno separati dalle rispettive carriere, si ritrovano, ma ormai con altre vite. In una certo senso si ameranno per sempre, ma non condivideranno un progetto di vita comune. Non è poco questo. L’assenza del lieto fine classico sottolinea con forza come, nella coppia, la funzione dell’amore ci appaia, in parte, molto cambiata. L’incontro di due anime elette in passato rappresentava il punto di arrivo dell’amore: due metà incomplete finalmente si riconoscevano e si univano in un amore pensato come eterno. Sebastian e Mia ci dicono qualcosa di molto diverso: l’amore non è affatto un punto di arrivo, ma piuttosto uno straordinario e irrinunciabile punto di partenza per realizzare le rispettive vite ed aspirazioni. Mia e Sebastian si aiutano, si capiscono profondamente, quando uno è scoraggiato e pensa di venire meno al suo sogno, l’altro lo sostiene, lo incoraggia, lo esorta. Anche a costo di un continuo rinvio, a data da destinare, del noi.«Che ne sarà di noi?», dice Mia a Sebastian, di fronte alla occasione finalmente arrivata, di carriera che la porterà però lontana da lui. Risponde Sebastian con amara e profonda tristezza, ma anche, senza grandi dubbi: «Vai e aspettiamo di vedere cosa succede».
Forse, per certi aspetti, oggi la sfida d’amore è più affascinante, ma anche davvero molto più complessa: essere complici preziosi mentre si dà forma ai propri destini personali, meno standardizzati e precostituiti del passato, può essere una sfida molto più sfaccettata e originale, ma può anche finire con lo scontrarsi troppo con l’aspirazione al per sempre. Un’ aspirazione, quando si ama una persona, che rimane più viva che mai.
Ai tempi di Via col vento la soluzione, indiscussa e desiderata per Mia e Sebastian, sarebbe stata che lei avrebbe seguito lui ovunque fosse andato, o si sarebbe fermata con lui: quello che sarebbe importato, in ogni luogo, sarebbe stato la costruzione del nido, frutto prezioso dell’unione. Meglio, peggio? Mah. Sicuramente oggi la sfida amorosa per certi aspetti può essere più affascinante, sfaccettata e originale. Proprio perché più libera da destini precostituiti.
Vero è che il per sempre, liberato dal progetto familiare forte del passato come l’unico possibile, è sicuramente più vulnerabile. Bisogna tenerne conto. Considerare, quando vale la pena, di rendere accettabili e pensabili anche i compromessi nell’amore, anche quelli che servono al noi se si aspira a pensarsi insieme nella vita. Oggi, dalla nostra parte, non c’è più l’autostrada di soluzioni uniche e condivise a nostro sostegno in tal senso. C’è però maggiore consapevolezza e contatto con noi stessi, con i nostri bisogni, le nostre caratteristiche personali, e quelle dell’altro amato. Cose che forse ci mettono più in grado di scegliere se, quando e a cosa sia pensabile rinunciare in favore del noi, se è questo che vogliamo. Perché l’amore che dura va nutrito anche di stabilità e di appartenenza.