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Riportiamo l’articolo di Matteo Lancini pubblicato sul Corriere della Sera del 15/03/2015.

La formazione dell’individuo è fortemente condizionata dall’esperienza scolastica. Così quando la scuola prova a modificare la propria organizzazione in sintonia con il funzionamento affettivo e relazionale delle nuove generazioni,  si compie un’operazione importante. Gli adolescenti sono cresciuti in un sistema educativo familiare nuovo, organizzato intorno alla valorizzazione dei  talenti, così come delle loro difficoltà. L’espressione delle caratteristiche personali e delle problematiche evolutive avviene sempre più spesso anche a scuola, contesto in cui si esprimono nuove forme di disagio ed esclusione.

La maestra delle elementari mi ha insegnato ad aiutare i compagni in difficoltà e non ci ha mai valutato e probabilmente anche per questo ho scritto una tesi di laurea sull’esperienza di volontariato svolta all’interno di un centro di cultura popolare. Mi chiedo quali siano i ragazzi che oggi la mia maestra e Don Milani vorrebbero includere. Penso che guarderebbero ai ragazzi che si vergognano. Ci sono studenti che sempre più spesso abbandonano le aule di scuola, non perché non ci tengano, non perché i genitori non li seguano, ma perché mortificati dal doloroso sentimento della vergogna sperimentato in occasione di una, a volte due, bocciature o perché  fragili e inibiti. La nuova scuola non può non interessarsi a chi ha deciso di ritirarsi dalla scena, alle nuove e crescenti forme di dispersione. Oltre alla scuola digitale, la sfida odierna è ripensare al significato della valutazione e, soprattutto, della bocciatura. I ragazzi non valutabili non sono per questo meno preparati e dotati di capacità, rispetto ai propri coetanei che fortunatamente riescono a varcare la soglia della scuola senza essere schiacciati dalla vergogna e dal pensiero che in quell’ambiente non riusciranno mai a sentirsi sostenuti nella crescita.