“L’IMPRESA PIÙ DIFFICILE” Matteo Lancini su d La Repubblica

Condividiamo l’articolo di Elena Stancanelli per il settimanale d La Repubblica (sabato 19 aprile 2025) sull’ultimo libro pubblicato da Matteo Lancini “Chiamami adulto. Come stare in relazione con gli adolescenti”

L’IMPRESA PIÙ DIFFICILE

Chi sono gli adolescenti di oggi? Quali sono le trame affettive che li caratterizzano? Ne scrive Matteo Lancini – psicologo e psicoterapeuta, presidente della fondazione Minotauro di Milano – nel suo ultimo saggio, Chiamami adulto (Raffaello Cortina editore) che conclude la trilogia iniziata con L’età tradita e proseguita con Sii te stesso a modo mio. L’adolescente di oggi, spiega Lancini, non è più il soggetto edipico di una società normativa e sessuofobica, ma neanche il Narciso prodotto da una società affettiva e relazionale. È piuttosto il figlio di una società post-narcisistica, angosciato e ansioso, le cui emozioni più disturbanti vengono messe a tacere. “È l’adolescente con cui non funzionano più l’infantilizzazione e il controllo, ma il coinvolgimento, la convocazione, la cooptazione, e la responsabilizzazione. È l’adolescente che non fa tutto quello che vuole calpestando regole e divieti, ma che è sopraffatto dal dolore, dall’assenza di prospettive future e dalla mancanza di senso”.
È questo adolescente, scrive Lancini, che in casi estremi diventa un assassino. Lasciandoci inermi e attoniti di fronte a un gesto spaventoso che non riusciamo a collocare da nessuna parte. Proprio come nella serie Adolescence, di cui abbiamo parlato. Secondo Lancini attribuire soltanto al patriarcato e ai retaggi culturali la responsabilità dell’esplosione di violenza giovanile, anche di genere, non ci aiuta a capire davvero che cosa sta accadendo. I nostri figli hanno un’enorme difficoltà nella gestione delle loro emozioni, e questo perché gli adulti non sono più capaci di prendersene cura. Nostro compito non è mutarle e delegittimarle, ma accoglierle e comprenderle. Non negare il dolore e la tristezza ma prendersene cura, cercando così di evitare che si trasformi in rabbia. Questa faccenda della cura, Lancini la chiama “relazione”, la mette al centro di tutto. Relazione è soprattutto ascolto. Noi esseri umani, spiega anche avvalendosi di ricerche di neuroscienziati, siamo esseri relazionali, cioè la nostra intelligenza funziona se collegata alla sfera affettiva. Così la scuola, scrive, dovrebbe rendersi conto che il suo compito è formare, cioè dare forma a ciò che c’è già nell’individuo, e non limitarsi a trasferire informazioni. Una scuola che voglia assolvere al suo compito dovrebbe essere basata sulle domande e non sulle risposte, rendendo gli studenti protagonisti attivi del loro percorso formativo. Sono molti i punti di interesse negli studi di Lancini e il primo è senza dubbio un rovesciamento di prospettiva. Non sono gli adolescenti a dovere essere “curati” ma gli adulti. È alle nostre difficoltà che si rivolge, perché noi siamo il mondo nel quale gli adolescenti devono entrare. Ma quello che mi sta più a cuore è il rifiuto di Lancini di accodarsi al puerile luddismo che indica come colpevole di ogni nefandezza l’uso del telefonino.
Collegato com’è, attraverso la pratica quotidiana della cura, al mondo degli adolescenti, Lancini sa che le nuove generazioni sono migliori di quelle precedenti. Più consapevoli e provviste di mezzi migliori per esprimersi. Non siamo di fronte all’apocalisse, al contrario: saremmo, con un po’ di manutenzione, di fronte a infinite possibilità a disposizione di tutti. Internet, la virtualità, la connessione non sono il male, sono mezzi da abitare e trasformare, conoscere e demitizzare. A patto di avere gli strumenti per poterlo fare. E tra questi strumenti il più potente è appunto il dialogo, l’ascolto. E soprattutto il confronto. Un padre e una madre incantati dalla tastiera, sempre col naso dentro il telefono, non hanno nessuna autorevolezza nei confronti dei figli. Possono imporre limitazioni, esporre pericoli, ma non verranno mai creduti. Si cresce nello sguardo reciproco, imitando e trovando poi nell’imitazione le regole che ci servono. Si tratta di stare, non di fare, come scrive Lancini. E stare, lo sappiamo, è la cosa più difficile del mondo.