Condividiamo l’intervista di Leonardo Di Paco a Matteo Lancini per La Stampa.
Matteo Lancini conosce i ragazzi, li osserva per professione. E non li condanna perché occupano le scuole o scendono in piazza a far sentire la loro voce. «Vanno preservati, come se fossero dei panda in via d’estinzione» dice lo psicoterapeuta, presidente del Minotauro di Milano e autore del libro “Sii te stesso a modo mio. Essere adolescenti nell’epoca della fragilità adulta” intervistato dalla vicedirettrice Annalisa Cuzzocrea allo stand della Stampa.
Venerdì, a Roma, i ragazzi che tentavano di portare avanti una contestazione agli Stati Generali della Natalità sono stati picchiati e caricati dai poliziotti. Immagini già viste. Cosa pensa di quello che sta succedendo?
«Questa è l’ennesima testimonianza del fatto che gli adolescenti non sono al centro dell’attenzione, da un punto di vista politico e sociale. Così succede che si interpretano certi comportamenti come se fossero degli atteggiamenti trasgressivi, oppositivi. Ma così facendo si trascura un problema importantissimo: gli adolescenti spariscono, attaccano sé stessi, il loro corpo, e si rifugiano altrove. Chi oggi occupa le scuole o protesta dovrebbe essere trattato come un panda in via d’estinzione, deve essere tutelato».
Gli adulti “fragili” vogliono dai ragazzi un altro tipo di partecipazione, magari meno radicale, o non vogliono proprio che partecipino alla vita civile? La sensazione è che non ci sia un posto dove possano stare.
«Sono nato nel 1965 e quando sento parlare di “proteste radicali” mi domando se qualcuno ha frequentato le stesse scuole o piazze che ho frequentato io. Oggi viviamo in una società nella quale gli adulti dicono, ad esempio, che gli adolescenti sono dipendenti da internet, videogiochi o social. Ma, allo stesso tempo, mal tollerano la loro presenza fisica nelle piazze, durante le manifestazioni, ma anche in altri contesti come giardini e cortili. In questo modo si “sequestra” il corpo e la crescita dei nostri figli, che per questa ragione spesso si rifugiano su internet».
Per loro non c’è spazio, anche nella vita civile. Bambini e adolescenti sono considerati come fonti di disturbo e non persone su cui investire . È così?
« È così ma allora sorge spontanea una domanda: perché facciamo i figli? Oggi c’è un mondo adulto che fa nascere figli non per dare loro qualcosa, ma per ricevere. E questa è una fragilità genitoriale. Bisogna anche dire che le famiglie di oggi sono molto più disponibili all’ascolto rispetto al passato. Il problema è che spesso non siamo in grado di ascoltare davvero quello che hanno da dire. Di frequente riempiamo le loro giornate di impegni, lo sport due volte a settimana, i laboratori, ma lo spazio di socializzazione, di gioco libero, viene vietato soprattutto quando arriva l’adolescenza. Ciò significa che non siamo in grado di costruire attorno a loro un ambiente dove loro possano sperimentare la crescita all’esterno».
Quale può essere il ruolo della scuola e quali sono le sue responsabilità?
«Da tempo non si costruisce una scuola su misura di utenti, cioè i ragazzi. Qualsiasi provvedimento adottato, e non riguarda solo chi governa oggi, è stato pensato solo per logiche ministeriali. Serve una scuola organizzata per far sentire ai ragazzi che c’è qualcuno che sta pensando a loro. In questo modo la scuole italiana rischia di fare la fine delle caserme, svuotarsi».