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Condividiamo l’articolo di Cristina Lacava con l’intervista a Loredana Cirillo per IoDonna.

La vera bellezza è la gentilezza, ed essere gentili significa ascoltare senza giudicare, e senza fare pressioni. Da queste riflessioni sono partiti  200 studenti della scuola primaria Cabrini e della secondaria Munari di Milano per disegnare le luminarie natalizie accese in questi giorni nei dintorni delle due scuole, in via Forze Armate e in via delle Betulle nel Municipio 7, a Milano.

Le luminarie sono  state realizzate nell’ambito del progetto Wonder Why, promosso da Hines, Borio Mangiarotti e Bain Capital Special Situations e parte del programma A scuola di comunità.

Per i disegni delle 14 luminarie (realizzate sotto la guida di ADCI Art Director Club Italiano) i bambini hanno scelto temi a loro molto cari: l‘abbraccio, la cura, i legami, la musica. Temi che sono stati il punto di arrivo di un percorso portato avanti in classe con la psicoterapeuta Loredana Cirillo, socia dell’Istituto Minotauro. «Sono bambini di quinta elementare e terza media, che stanno quindi per affrontare la fine di un ciclo scolastico, il passaggio a una nuova fase», spiega. «Abbiamo cercato di stimolarli su temi che potessero orientarli nei disegni per le luminarie».

Nelle luminarie di Natale, emerge il bisogno di contatto

Quello che è emerso con chiarezza, sia tra i più piccoli, sia tra i più grandicelli, «è il bisogno di sentire, nella mente degli adulti, che ci sia uno spazio per accogliere le loro fragilità, senza paura di deluderli». Spazio che, purtroppo, spesso non c’è. Per fare un esempio: partendo dalla bellezza, «i bambini sono partiti da quella esteriore, dall’ansia di essere all’altezza dei modelli imposti, per arrivare alla bellezza interiore», continua la psicoterapeuta. «Per loro, la bellezza è la possibilità di incontrare adulti gentili, che sappiano aiutarli nel bisogno, che li lascino parlare di sé e anche delle loro fragilità».

Già dai bambini di quinta elementare emerge forte la fatica di subire la pressione delle aspettative degli adulti. «Vorrebbero che gli venisse chiesto: “Come stai?” e non solo “Com’è andata?”. E la responsabilità non è solo dei genitori ma di tutta una società che bandisce il dolore, non tollera l’inciampo e fa finta che non esista». I bambini vorrebbero potersi fidare degli adulti, ma non ci riescono. «Hanno bisogno di contatto, e quindi di abbracci, e anche di cura. Perché anche quando si cresce, c’è sempre bisogno di cura», conclude Cirillo.