Seleziona una pagina

Condividiamo l’intervista di Rita Balestriero a Matteo Lancini per Repubblica.it sull’ultimo libro “L’età tradita. Oltre i luoghi comuni sugli adoelscenti”, edito da Raffaello Cortina.

“È come se lei ci avesse tolto il velo di ipocrisia che facevamo finta di non vedere”. Sbang.

È la frase che la mamma di un adolescente ha detto allo psicoterapeuta Matteo Lancini, durante una presentazione del suo ultimo libro, L’età tradita (Raffaello Cortina Editore). Succede spesso ai suoi incontri, perché Lancini è così: dice cose, anche durissime, ma riesce a farlo in modo ironico, così i genitori non si offendono, piuttosto riflettono. D’altronde lui, che da anni è presidente della Fondazione Minotauro di Milano, gli adolescenti li conosce bene e sta sempre dalla loro parte.

Quando ha deciso di occuparsi di loro? 

“Quando ho scoperto che se non si sviluppano i compiti evolutivi in adolescenza, si accumulano dei ritardi che si portano dietro tutta la vita rendendo più complicata la costruzione dell’identità adulta. E poi perché mi sono accorto che è l’adolescenza il momento in cui si inizia a prendersi carico delle follie dei propri genitori, per non parlare dei luoghi comuni su questi anni: al tempo si diceva che fossero l’età dell’oro, il momento più bello della vita…”.

E oggi, invece, quali sono i luoghi comuni più diffusi? 

“Sono tanti, ma tra i più diffusi c’è quello che si sentano onnipotenti. E invece la mia esperienza clinica dimostra il contrario: questa è l’età in cui termina l’onnipotenza e si è costretti a fare i conti con i propri limiti. Succede perché lo sviluppo cognitivo dà accesso al pensiero ipotetico e alla scoperta che si è destinati a morire. Per questo da anni vado dicendo insieme ad altri colleghi che la paura e il suicidio dovrebbero diventare discipline scolastiche perché, senza elaborazione della paura, si rischia di rimanerne paralizzati, di non sentirsi capaci di procedere nella vita. I ragazzi infatti sono affamati di paura e a volte arrivano a rischiare la vita con comportamenti che a noi sembrano irragionevoli. Per loro, invece, sono strumenti per avere un controllo più attivo sulla morte, per provare a domarla per qualche istante”.

A cosa si riferisce nel titolo del libro, “L’età tradita”? 

“Al tradimento che noi genitori compiamo nei confronti dei nostri figli”.

In che senso? 

“Oggi i bambini sono immersi in un percorso di crescita che incentiva la realizzazione di sé, in modo molto diverso rispetto al passato. Questo atteggiamento è positivo, ma al cambiamento del modo di affrontare lo sviluppo infantile non ne è seguito uno altrettanto significativo nel modo di approcciare l’adolescenza. Paradossalmente è come se fosse in atto un’adultizzazione del bambino e un’infantilizzazione dell’adolescente”.

Cosa intende per adultizzazione dei bambini? 

“Li cresciamo favorendone l’espressione di sé e delle loro inclinazioni, organizzando la loro vita in modo che abbiano moltissimi amici, stimolandoli con infinite attività che riempiono ogni loro momento libero. E così è naturale che crescano narcisisti e bisognosi di un successo sociale avviatosi ai tempi del primo invito a un pigiama party, di solito già alla scuola dell’infanzia. Solo che, all’improvviso, l’adolescenza cambia queste dinamiche e avere un figlio, improvvisamente, diventa meno godibile”.

Che cosa succede? 

“Quello che è normale che succeda con l’adolescenza: i figli si definiscono come nuovi soggetti altri da noi. Sono spinti verso l’autonomia e lo fanno a modo loro. A quel punto gli adulti si fanno prendere dall’angoscia perché non si riconoscono più nel loro ruolo”.

E non è normale entrare in crisi di fronte al cambiamento? 

“Certo, solo che invece di adattare l’approccio educativo che avevano avuto nei 13 anni precedenti, i genitori ricorrono a strumenti infantilizzanti: regole, paletti, ‘no’ che aiutano a crescere, parole e frasi fatte… Insomma le straordinarie esperienze affettive, relazionali, di vicinanza e di comprensione reciproca ricercate e proposte nell’infanzia, poi diventano richiesta di sottomissione alla norma e all’autorità adulta, alle quali genuflettersi, perché è così che deve essere ed è giusto che sia”.

Dove sta l’inghippo? 

“Non si può avere tutto dalla vita: figli vicini e affettuosi durante l’infanzia, ma anche normati in adolescenza; sommersi di amicizie e sempre connessi con la mamma da bambini, ma solitari e silenziosi nei pomeriggi di studio dell’adolescenza; autonomi e creativi durante i primi anni di vita, omologati ai valori degli adulti da ragazzi…”.

Quindi i genitori degli adolescenti cosa dovrebbero fare? 

“Declinare la propria funzione di adulto autorevole con gli adolescenti odierni richiede qualche cosa di più.  Non bisogna puntare solo sulla semplificazione, ma sintonizzarci e stare nella relazione con il figlio. Il che è faticoso perché implica parlare, confrontarsi, chiedere ed essere disposti ad ascoltare. Mi dispiace, ma io non sono il tipo di psicologo che dà regole magiche, perché non esistono”.

Lei, piuttosto, nel libro parla dell’importanza dell’educazione affettiva. 

“Sì, sono convinto che serva un’educazione affettiva in senso ampio, che comprenda temi che oggi tendiamo a censurare come la morte, la fatica, il fallimento, le insicurezze. Troppo spesso incontro ragazzi che hanno paura di deludere o di ferire i loro genitori, perché i genitori di oggi tendono a proteggerli, a crescerli in campane di vetro, ma è un’ambizione che prima o poi si scontra con la realtà. È la vita”.

Fonte: Repubblica.it