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Condividiamo l’intervista a Matteo Lancini per Il Giorno

“Non sono gesti trasgressivi, né oppositivi”. Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro di Milano e autore di diversi libri (l’ultimo “Sii te stesso a modo mio“ – Raffello Cortina Editore), è professore del dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. “Questo è un atto di violenza conseguenza di un disagio giovanile crescente che non trova le parole per esprimersi. E diventa azione a scuola perché la scuola è diventata il palcoscenico dove i giovani si mostrano a 360 gradi”.

Un’azione che siamo abituati a vedere negli Stati Uniti…

“Per fortuna in Italia scene simili non sono così frequenti. Ma posso garantire che solo nell’ultimo mese a Milano e nelle scuole della Lombardia si sono verificati episodi di manifestazione di disagio e malessere. Non si rendono pubbliche per evitare il rischio di un effetto emulazione”.

È l’effetto del Covid?

“Il disagio giovanile è cresciuto ben prima: 15 anni fa con l’Ufficio scolastico regionale è stata creata una task force a cui ho partecipato perché i dirigenti scolastici segnalavano un aumento di episodi”.

Perché i giovani non riescono a comunicarla verbalmente?

“Chi imputa questa mancanza a un analfabetismo emotivo si sbaglia. È più l’incapacità degli adulti di ascoltare”.

Quali sono le origini di questo disagio?

“La paura del fallimento: in questa società iperindividualista e competitiva non c’è spazio per il fallimento. Un brutto voto, la paura di non farcela non è ammessa. Viviamo in una società dissociata, dove da una parte i genitori vogliono proteggere i figli accompagnandoli a scuola fino a 10 anni. Dall’altra c’è internet, dove possono andare da soli ovunque. Per proteggere sono bandite le emozioni come la paura, il dolore, la rabbia”.

E l’azione con cui manifestano il disagio è quasi sempre violenta?

“Non sempre così violenta, ma nella maggior parte dei casi si manifesta contro il corpo: disturbi alimentari, forme di violenza contro se stessi o gli altri, ritiro sociale”.