Condividiamo l’intervista di Sophia Crotti a Matteo Lancini per fanpage.it
n un momento storico in cui pedagogisti e personaggi dello spettacolo hanno tuonato che sarebbe meglio togliere i cellulari ai ragazzi prima del compimento dei loro 14 anni, arriva una stretta da parte di Meta, che introduce gli “Account Teen”. Una mossa volta a tutelare la privacy dei minori attraverso una serie di filtri ai contenuti ai quali potranno accedere e un controllo più capillare da parte dei loro genitori che potranno intervenire imponendo ai loro account limiti orari.
Abbiamo chiesto a Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta, autore e docente, di spiegarci se divieti e forme di controllo da parte di una piattaforma o da esperti adulti e genitori, possono essere la soluzione.
“I colossi si stanno muovendo perché temono multe e vogliono proteggere i minori la cui privacy è davvero in pericolo e questo è un bene. Per il resto andrebbe rieducata la società, non certo tolti i cellulari ai ragazzi o controllati i loro account, anche perché in studio da me arrivano genitori preoccupati per la dipendenza dagli smartphone dei propri figli che nel frattempo mi dicono “scusi ma a queste 4 mail devo per forza rispondere subito”
Dottor Lancini, cosa pensa dei nuovi account per teenager ed in generale della stretta che Meta sta mettendo sui loro account?
Io penso innanzitutto che questo intervento si collochi all’interno di un dibattito culturale sulla protezione dei minori in rete, che in alcune nazioni ha portato ad una serie di denunce contro queste aziende, che oggi temono per i loro profitti. Di conseguenza un colosso come Meta sta iniziando a muoversi per proteggere i minori dal grooming, dalla pedofilia, dalla pedopornografia e da qualsiasi forma di adescamento in rete.
Il tema che muove l’azienda è molto importante e ben diverso dal tema, a mio avviso del tutto sbagliato, che muove tanti altri, ossia il fatto che i social rovinino i ragazzi causando loro ansia e depressione, quando la scienza ci dice invece che i ragazzi già ansiosi e depressi si rifugiano nella rete.
Meta in questo caso sta dunque cercando, cosa che io sposo, non di proteggere i ragazzi dagli schermi o dai social ma dagli altri, da quei malintenzionati che in rete esistono e hanno accesso a tutti i loro dati personali.
Secondo lei queste mosse saranno efficaci?
Non credo, penso che anche se Meta proverà a mettere dei filtri, ma nel frattempo nessuno si occuperà di educare la società al digitale, introducendola come materia a scuola, vietando i device piuttosto ai genitori che riprendono e pubblicano i volti dei bambini fin dalle elementari, insegnando ai ragazzi cosa significa vivere in una società iperconnessa non si risolverà molto.
Poi bisogna anche tenere conto del fatto che si sta cercando di mettere freno all’imprevedibilità degli algoritmi, rendendo più controllati i contenuti cui i ragazzi avranno accesso, ma l’imprevedibilità è formativa. Un tempo i ragazzi giocavano nei cortili, non c’era certo un algoritmo a controllare le loro azioni, oggi ai ragazzi è stata chiusa la porta di casa, li si lascia in rete provandoli così della possibilità di fare esperienze fuori dal controllo degli adulti.
In ogni caso sicuramente il controllo non basterà, come non bastano le campagne di sensibilizzazione e il divieto della droga per non farla utilizzare e alla fine i ragazzi troveranno il modo di accedere ai social attraverso i cellulari di altri.
Tra le nuove funzioni i genitori potranno controllare le attività e limitare gli orari dei figli in rete, secondo lei è funzionale?
No, il controllo e la privazione di norme che vengono impugnate e maneggiate come fossero il nuovo modo per educare generazioni che hanno avuto troppo, sono frutto di una lettura dissociata. Si lasciano crescere i ragazzi in una società complessa ma non li si aiutata con l’educazione al digitale a scuola.
L’adulto che ha cambiato il mondo, fa tutto ciò che vuole e vive sui social, poi vuole controllare i ragazzi in rete, vietando loro di utilizzarli, cosa che sarà difficile se non impossibile e che quindi farà nuovamente perdere lui credibilità davanti ai ragazzi. Che infatti oggi ritengono più autorevole internet che non i genitori, gli adulti, i professori che oggi lanciano appelli su regole che non sanno far rispettare.
La petizione dei pedagogisti e dei personaggi dello spettacolo, così come gli adulti che controllano, presumono che gli adulti siano più capaci dei nativi digitali di usare internet, non è un po’ un controsenso?
Sì, però sono due cose diverse, un’azienda della portata di Meta che prende dei provvedimenti è un’istituzione che governa e che ha il compito di correre ai ripari se c’è un problema. I personaggi famosi e i pedagogisti che raccontano tutto ciò che fanno dai loro profili social e lanciano appelli sempre dai social contro l’uso dei social, sono persone che dovrebbero creare per gli adolescenti un modello di identificazione, in quanto adulti, ma che invece essendo dissociati e fragili, preferiscono emanare regole e divieti.
Cosa bisognerebbe fare per rendere la rete un luogo sicuro per i ragazzi?
Il vero problema è però se siamo in grado di capire che tipo di società viviamo, se in quella onlife in cui i ragazzi dovranno costruirsi anche in internet, o una società della disintossicazione. Questa è una dissociazione che non ha precedenti, ciò che accade oggi è che i figli dagli 0 ai 12 anni non si fa usare internet mentre gli adulti lo usano per riprenderli, pubblicare i loro volti, parlare di loro nei gruppi whatsapp. Dai 19 in su però questi ragazzi, se non usano internet sono spacciati perché in Università e nel mondo del lavoro ormai è necessario, e tra i 12 e i 19 anni gli adulti combattono battaglie per disintossicare i ragazzi da internet perché in quella fase è nocivo.
Invece si dovrebbe educare a internet, senza controllare o limitare , anche perché se ai ragazzi togliamo internet poi dobbiamo trovare delle alternative per loro, dissequestrando il loro corpo dalla morsa educativa. I ragazzi devono relazionarsi e fare esperienze senza il controllo degli adulti, ma poi i ragazzi sono nella morsa del controllo di Meta.
La verità è che oggi è impensabile dire a un bambino di giocare libero nel cortile o di tornare da solo da scuola, perché il dolore dei figli, un bernoccolo, uno spintone a scuola sono ingestibili, quasi atti criminali. Solo prevenzione, educazione e relazione aiutano i ragazzi, non limiti e regole e controllo. Ma gli adulti spaesati non lo sanno, e me ne rendo conto quando i genitori vengono in studio da me a dirmi che i figli sono sempre online e intanto rispondono a 4 mail e 8 messaggi. O leggendo la petizione di personaggi dello spettacolo e pedagogisti, che al posto di togliersi dai social fanno appelli da lì ai ragazzi.