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Riportiamo l’articolo di Silvia Lo Vetere pubblicato su La 27esima ora del Corriere.it.

La medicina ha fatto, in pochi decenni, miracoli: potenzialmente viviamo tutti più a lungo, come mai successo fino ad oggi nella storia dell’umanità. Una cosa straordinaria, un passo verso il sogno di immortalità che da sempre accompagna l’uomo.Non è però solo facile e bello vivere più a lungo. Se si ha la fortuna, per nulla scontata, di stare in salute e di non essere troppo poveri, comunque bisogna attrezzarsi di nuovi strumenti perché questo tempo allungato costituisca davvero un’opportunità. Di nuovi strumenti anche sul piano psicologico. 

L’invecchiare, da sempre, mette tutti di fronte all’ineludibile scemare dei punti forti della giovinezza: il vigore fisico, ad esempio, la bellezza del corpo, la naturale tensione al futuro. Da sempre, quindi, si sono dovute trovare strade possibili di rassegnazione a questi e ad altri aspetti che il declino comporta. Oggi, però, non basta rassegnarsi: bisogna trovare anche nuove energie, mantenere vive passione e curiosità per la vita. Mantenere viva, quindi, anche una dimensione di rilancio che dia qualità a un futuro potenzialmente ancora lungo da vivere. 

 

Rilanciare mentre ci si deve anche rassegnare non è un compito facile. D’altra parte è il compito complesso e contraddittorio che oggi più che mai ci attende. Un compito tutt’altro che immediato, mai definitivo, che comporta all’interno di ciascuno di noi un bilancio continuo fra perdite e possibili guadagni. Le perdite, in vecchiaia, a differenza di altre età della vita, sono quelle più immediatamente evidenti: il corpo diventa meno bello e prestante; la visibilità sociale, con il ridimensionamento delle attività professionali, diminuisce; i lutti delle persone care cominciano a essere più probabili; la propria indipendenza negli anni può diventare limitata. Tutte cose che possono mettere a dura prova una visione di sé di forza, di energia e di una visione vitale del futuro. Il primo passo da fare è quello di non si respingere l’inevitabile quota di dolore che questi aspetti e altri ancora comportano rendendo questo dolore, nel tempo, più pensabile e quindi più addomesticabile. Una cosa né facile, né scontata, soprattutto in una società che va marcatamente in direzione opposta. 

Vi è mai capitato di sentire dentro di voi qualcosa di davvero stridente di fronte a certe pubblicità? Quelle ad esempio di anziani sorridenti e beati che provano a utilizzare il montascale, o che corrono in coppia felici e spensierati lungo il mare mentre pubblicizzano i pannolini? No. Se non si fanno i conti anche con il rammarico, con la nostalgia, a volte con la rabbia e il turbamento di cambiare, si rischia di rimanere ancorati a un’ immagine di sé falsa e illusoria. Quell’immagine della giovinezza che bisogna, viceversa, accettare di lasciare andare sullo sfondo; quell’immagine che diversamente, se rimane di paragone, rischia di farci sentire sempre più perdenti e svalorizzati. Bisogna invece accettare che quell’immagine di noi stessi che fino all’altro ieri ci ha accompagnati, si trasformi e trovi nuovi elementi di valorizzazione. In questo senso la vecchiaia sicuramente ci depriva di molte cose preziose, ma può anche aggiungerne di diverse. 

Mentre forza, prestazione e bellezza sempre meno diventano i punti di forza a sostegno del nostro valore, altri se ne possono intravvedere. Ad esempio, in vecchiaia si può acquisire un di più in libertà, sentendo molto meno le aspettative sociali e personali come pressanti; in autenticità, avendo tempi reali, ma anche interni, per porsi in un ascolto più attento dei propri bisogni e desideri, i più essenziali; in consapevolezza di sé, con una capacità di accresciuta ironia che deriva da un’accettazione più reale e disincantata delle proprie e delle altrui fragilità. Tutte cose che possono contribuire alla costruzione di un nuovo fascino e di un nuovo valore di sé. Perché proprio questo è il punto: per mantenere accesa la curiosità e la passione per la vita, oggi più che mai, bisogna sentire di avere ancora cose preziose dentro sé da coltivare, da dare e da volere, riconosciute e riconoscibili anche dagli altri. 

Accettare come normale anche il dispiacere delle trasformazioni che la vecchiaia comporta può consentire allora di meglio focalizzare le proprie energie su una visione di noi stessi in parte trasformata, ma anch’essa valorizzabile. L’alternativa comporta due enormi rischi e non sono poche le situazioni che si osservano intorno a noi. Il primo è quello di una chiusura in se stessi, in un isolamento talvolta rabbioso e impotente. Il secondo è quello delle false ripartenze: crescono le situazioni ad esempio di innamoramento in tarda età, magari con la ripresa di amori nati sui banchi di scuola. Amori che, complici le tecnologia, sembrano potere riprendere da lì. Intendiamoci, ci si può innamorare davvero e vivere affetti nuovi e importanti ad ogni età. Bisogna accertare, però, che queste passioni non nascano proprio da un inseguimento illusorio di un tempo passato che non si vuole trasformare. 

Stare, dentro di sé, su una strada di bilanci, di aggiustamenti continui fra perdite e guadagni è difficile. Questa è però l’unica via perché sia possibile individuare mete e progetti adeguati alle nostre trasformazioni fisiche ed interne. Se la salute e una quota di benessere materiale sufficiente ci assistono, possiamo almeno scegliere se porci o meno in questa ottica. Quella dell’invecchiare che la poesia Le Istruzioni di Cecilia Resio scolpisce con forza e passione e che quindi di seguito trascrivo: 

Le istruzioni 

Non è facile invecchiare con garbo. 
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle, 
di nuovi solchi, di nuovi nei. 
Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza
 mortificarla in una nuova età che non le appartiene, 
occorre fare la pace con il respiro più corto, con
la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi, 
con le giunture, con le arterie, con i capelli bianchi all’improvviso, 
che prendono il posto dei grilli per la testa. 
Bisogna farsi nuovi e amarsi in una nuova era, 
reinventarsi, continuare a essere curiosi, ridere
 e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole 
cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia, 
ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani,
 allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru, 
canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza.
 Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo
 godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli. 
Bisogna camminare dritti, sapere portare le catene, 
parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia. 
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe stata
di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.
(Cecila Resio, le istruzioni, tratta da: l’Odore dei Leoni, ed. Youcanprint, 2016)