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Condividiamo l’articolo di Matteo Lancini e Carmen Giorgio per la rubrica Adolescenti Onlife di Libreriamo.it.

Dopo mesi di didattica a distanza gli adolescenti italiani sono tornati tra i banchi di scuola in una modalità ancora ibrida che alterna lontananza e presenza. Nelle settimane antecedenti, alcuni di loro, sparsi su tutto il territorio nazionale, hanno manifestato per la riapertura degli istituti scolastici. Si è trattato di contestazioni pacifiche, prive di quella componente ribelle e trasgressiva che caratterizzava le occupazioni scolastiche di generazioni precedenti. Figlie di un contesto sociale e familiare del tutto diverso.

Recuperare apprendimenti e raccogliere voti

Molti adolescenti temevano di non poter tornare a scuola in sicurezza ma anche di ritrovare, una volta arrivati in classe, un’istituzione scolastica più preoccupata a incamerare voti, a recuperare valutazioni degli apprendimenti. Una scuola poco identificata con la loro esigenza di guardare al futuro, tenendo conto del presente. Non considerare quello che è accaduto, e l’emergenza sanitaria ancora in corso, è una grave omissione di soccorso. Sino ad ora il mondo adulto ha dato prova di un’altalenante coerenza e di poco riguardo verso una generazione lasciata spesso affettivamente sola in un tempo che la pandemia ha sospeso.

Recuperare relazioni e offrire socialità

Quello che più di tutto è mancato agli studenti, nei periodi di lockdown e zone diversamente colorate, è la relazione con docenti e compagni. Gli insegnanti più motivati sono stati in grado di stare al fianco dei propri allievi, realizzando attività a distanza, che mettevano gli apprendimenti al servizio della relazione e dell’ascolto.

La crescita delle future generazioni dovrebbe essere una priorità per tutta la comunità educante. Durante la pandemia, con la chiusura delle scuole e la didattica a distanza, la dispersione scolastica è diventata una questione ancora più drammatica. Allo stesso tempo, un ritorno in classe scandito dall’urgenza di recuperare programmi e voti con l’incubo di debiti e bocciature è altamente rischioso. Rischiamo di pagarlo in termini di ulteriore dispersione. La scuola che riapre, per essere davvero inclusiva, dovrà rimodulare la sua funzione in relazione a quanto è avvenuto e sta accadendo.

Scuola connessa

La drammatica emergenza planetaria che stiamo attraversando dovrebbe diventare occasione di trasformazione. Occasione per realizzare i cambiamenti auspicati alla luce di quello che quest’esperienza ci ha insegnato. Così come è avvenuto in questi mesi, d’ora in avanti non si dovrebbe omettere l’integrazione di internet in tutti gli insegnamenti e nelle valutazioni. In un’esperienza di apprendimento che non deve essere più fonte di competizione e mortificazione ma di confronto e di crescita individuale e di comunità.
La scuola del futuro dovrà essere in presenza, all’interno di un’istituzione cablata e sempre connessa, aperta tutto il giorno, in modo da diventare luogo elettivo di sviluppo delle competenze. Un laboratorio di crescita e aggregazione, alternativo all’ambiente virtuale e commerciale in cui, già prima della pandemia, avevamo costretto a rifugiarsi i nostri figli e studenti.

Debiti degli adulti

A quasi un anno dal primo lockdown, le ragazze e i ragazzi sono sofferenti, preoccupati per il futuro, delusi per essere stati esclusi dalle decisioni che gli adulti hanno preso per contrastare l’emergenza. È il momento di investire in un’istituzione scolastica che sia in grado di avvicinare alle nuove generazioni le risorse necessarie alla crescita, a sviluppare un nuovo sentimento di speranza. La scuola non può che diventare il luogo dell’inclusione, della relazione, dell’educazione alla saggezza digitale e all’uso consapevole della rete, che deve essere messa al servizio del Sé, della crescita e del progetto futuro di ogni adolescente.

 

Fonte: Libreriamo.it