Riportiamo l’intervista a Matteo Lancini pubblicata su Nostrofiglio.it in cui si affrontano i cambiamenti avvenuti nel modo di essere padre.
Negli ultimi anni il ruolo paterno ha subito una profonda trasformazione: il padre-padrone si è trasformato in un padre affettivo, che non può e non deve sostituire la madre, ma che deve trovare il suo spazio e la sua dimensione nel rapporto con il figlio.
Ne parliamo con Matteo Lancini, psicologo psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro e autore di “Adolescenti navigati. Come sostenere la crescita dei nativi digitali” (Erickson, 2015).
Un momento difficile per i papà di oggi
«Oggi i papà stanno affrontando un momento difficile, perché le trasformazioni sociali e familiari hanno messo in crisi l’autorità paterna – spiega Matteo Lancini –. In passato, il padre aveva un ruolo ben definito nella famiglia tradizionale: nei primi anni del bambino era pressoché assente, perché lavorava, mentre alla madre era lasciato il compito dell’accudimento. Il padre aveva invece una funzione normativa, era la legge. Poi entrava nella vita del figlio durante l’adolescenza, quando consegnava metaforicamente il bambino alla scuola o al mondo del lavoro per farlo uscire dalla famiglia».
Oggi il ruolo del padre è totalmente cambiato: «Al giorno d’oggi non è più padre e padrone – continua l’esperto – ma sta ricontrattando il proprio ruolo con la madre, alla ricerca di una maggiore ripartizione dei ruoli». Ma il passaggio dal vecchio al nuovo modello non è semplice: «Una delle più chiare rappresentazioni della crisi del ruolo paterno passa attraverso la tv: è Papà Pig, il padre di Peppa Pig – dice Lancini –. Non è un buon esempio: è spesso preso in giro, perché non sa fare quasi nulla, e la famiglia lo dimentica addirittura al pic nic. Paradossalmente, è meglio l’Orso di Masha, che è una sorta di papà adottivo. Sa fare le cose e cerca anche di prendersi il suo spazio nonostante le intemperanze di Masha».
Del resto, anche il ruolo della madre sta cambiando rispetto al modello tradizionale: «Ma se la madre di oggi è riuscita meglio ad affrontare la trasformazione, per il padre è un passaggio più complesso – sottolinea il terapeuta –. Ai nostri giorni, un padre può essere più affettivo e prepararsi a essere padre anche prima che nasca il figlio, ad esempio commuovendosi quando vede la prima ecografia. È sempre più comune vedere i papà giocare con i loro bambini, cambiarli o accompagnarli in giro con il passeggino. Credo che questo per gli uomini sia una grande conquista a cui devono abituarsi».
Fondamentale l’atteggiamento delle mamme
Eppure, in questo passaggio è ancora fondamentale l’atteggiamento della madre: «Molti studi dicono che nelle prime fasi di vita del bambino è il padre che deve conquistarsi un posto, un luogo nella relazione con il figlio – afferma Lancini –. Ma siccome è la madre quella che lo nutre e da cui il bambino dipende, è proprio lei che li deve avvicinare. Anche da questo dipenderà il rapporto che il papà potrà avere con il piccolo. Starà poi a lui accettare la sfida di crescere il piccolo nel modo migliore».
Il problema del “nuovo” padre comincia quando il figlio entra nella preadolescenza e nell’adolescenza. «Sebbene il suo ruolo sia cambiato – evidenzia Matteo Lancini – è comunque sempre chiamato a svolgere la funzione normativa. Il padre è cioè preposto a porre limiti e regole: un compito difficile perché rischia di trasformarsi in un attimo in un intervento poco affettivo. In pratica, quello che viene chiesto al padre è di far rispettare la legge, ma senza essere troppo violento. Calibrare autorevolezza e affettività, però, è molto complesso. Un conto era il padre-padrone di una volta, che tutti rispettavano e di cui non veniva messo in discussione l’operato, ora è più difficile».
È in questo momento che il padre deve trovare il modo giusto per aiutare i figli nel processo di separazione dalla famiglia, e quindi dalla madre. «Il modo migliore per farlo è quello di identificarsi con le difficoltà del figlio e testimoniare che possono esserci dei fallimenti nella vita, ma che questi possono essere superati» sottolinea lo psicologo.
In questo senso, il padre diventa testimone del fatto che nella vita non tutto è facile, che possono esserci delle difficoltà e che il suo compito è quello di supportare il figlio e aiutarlo a superare ogni ostacolo: «I padri – continua – devono evitare di dimostrarsi infallibili, parlare troppo di se stessi o nascondere le difficoltà. Ma anche non concentrarsi troppo sul dolore che provano perché sono stati delusi dai loro figli. Quando c’è, la delusione va accettata e per aiutare i ragazzi devono focalizzarsi sul bisogno che hanno di loro, offrendogli il proprio supporto».
«I padri, come le madri, vedono nel figlio uno specchio narcisistico di sé, ma invece devono progressivamente allontanarsi da quell’immagine e capire che il loro bambino affronterà la vita a suo modo, non come hanno fatto loro quando erano piccoli. L’importante è rispettare e comprendere la diversità e capire che il modo di affrontare la crescita non può essere lo stesso, perché dipende dalla storia e dal carattere di ogni individuo» dice il presidente della Fondazione Minotauro.
Bisogna poi fare attenzione ai contrasti familiari: «In particolare, bisogna stare molto attenti quando ci sono dei conflitti coniugali – evidenzia il terapeuta –. In caso di separazione, ma anche quando non si va più d’accordo con il proprio partner. In questi momenti, c’è la possibilità che la rabbia si “mangi” un po’ la genitorialità facendo perdere di vista le necessità dei bambini».
Nei casi in cui ce ne sia bisogno, può essere importante richiedere un supporto psicologico. «E anche in questo caso, la visione del padre deve cambiare: i centri di consultazione non sono luoghi femminili. Uno spazio dedicato per affrontare le difficoltà celebra il padre, non lo accusa. E quando i padri si attivano in questo senso, aiutano moltissimo i figli nel loro percorso di crescita – continua –. Se i padri svolgono bene la loro funzione, il processo di crescita dei ragazzi è molto più semplice e sereno. Questo anche nel rapporto con la tecnologia. Se, in passato, si credeva che l’immersione nella rete e nei videogiochi fosse un modo per i bambini di andare alla ricerca di una madre assente, gli studi hanno dimostrato che invece è una ricerca di un codice virile, del padre. Ma se il padre è presente in modo buono, allora anche la dipendenza dai mezzi tecnologici diminuisce».