“Sono gli adulti a confondere reale e virtuale”, Matteo Lancini su La Stampa

Condividiamo l’articolo scritto da Matteo Lancini e pubblicato su La Stampa in data 13 marzo 2025.

Sono gli adulti a confondere reale e virtuale

di Matteo Lancini

Di fronte a serie tv come “Adolescence” o “Mare fuori”, ma anche a certi brani rap o certi videogiochi, la domanda degli adulti è sempre la stessa: se l’ascolto o la visione di contenuti violenti rappresentino un’istigazione o una sollecitazione a mettere in atto le emozioni negative provate dai ragazzi. Ci sono 56 guerre in atto nel mondo, e migliaia di morti reali a un passo da noi, compreso il ladro investito ripetutamente con l’auto dalla donna che ha scippato, eppure ci preoccupiamo dell’effetto di una fiction o di un videogioco. Il che prova innanzitutto che sono gli adulti a confondere il piano reale e quello virtuale, esattamente quello di cui accusano i loro figli e studenti.
Preferiamo raccontarci che le radici della violenza siano nei videogiochi o nelle parole dei trapper – i quali, per inciso, molto spesso la cantano grossa ma poi hanno come manager la mamma, che è l’unica persona al mondo di cui si fidano – per non riconoscere l’esistenza di emozioni spiacevoli e disturbanti dentro tutti noi. Ci si dovrebbe piuttosto interrogare sui motivi per cui i ragazzi invece di scendere per strada e confrontarsi con il mondo reale si chiudono in camera ad ascoltare musica o guardare un video.
Il fatto è che gli adulti faticano a legittimare emozioni come tristezza, paura e rabbia, le trovano disturbanti per il proprio quieto vivere, li fanno sentire inadeguati e cercano di metterle a tacere nei figli e negli studenti. Ma siccome sono emozioni reali, i ragazzi ne cercano l’espressione in una serie tv o in una canzone. È un modo per mettere in scena un “come se” e imparare a riconoscere dentro di sé queste parti emotive e provare a governarle. È anche il motivo per cui la violenza reale in questi ultimi anni è cambiata: perché queste sono generazioni cui non è permesso esprimere tristezza, rabbia, paura.
Bisognerebbe tornare a distinguere la violenza reale dalle immersioni nell’arte o nella creatività: di fronte a un adolescente che si suicida, non fermiamoci alla spiegazione che sia un gioco istigato dai social, partiamo piuttosto dall’esistenza reale del dolore, dell’angoscia, della disperazione. Anche negli adolescenti. Quando un bambino ci dice “Ho paura del cane” non rispondiamo subito “Non devi aver paura, il cane è buono”, ammettiamo che la paura è un sentimento legittimo. Solo riconoscendo che la violenza, il fallimento, la disperazione abitano dentro di noi riusciremo ad aiutare anche i nostri figli ad accettarli.