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Condividiamo un articolo de Il Sole 24 Ore scritto da Emilio Cozzi, docente del master in psicologia dei nuovi media organizzato dalla Fondazione Minotauro, sulla campagna dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in merito ai possibili benefici relazionali dell’utilizzo dei videogiochi durante la quarantena. All’interno del testo Matteo Lancini commenta questa iniziativa.

Durante l’emergenza sanitaria, videogiocate! Lo raccomanda l’Organizzazione mondiale della sanità nella campagna di sensibilizzazione #PlayApartTogether, un invito a osservare le prescrizioni di distanziamento sociale e, insieme, a preservare i legami interpersonali attraverso la collaborazione tipica del gioco online. Per l’occasione sono previsti eventi dedicati, esclusive, ricompense in-game e addirittura giochi distribuiti gratuitamente.

L’iniziativa, ufficializzata qualche ora fa, vede la World Health Organization avvalersi del supporto di numerose realtà di settore, fra le quali Activision Blizzard, Kabam, Snap Games, Amazon Appstore, Maysalward, Twitch, Big Fish Games, Playtika, Unity, Dirtybit, Pocket Gems, Wooga, Glu Mobile, Riot Games, YouTube Gaming, Jam City, SciPlay e Zynga. L’organizzazione spera che l’industria possa “raggiungere milioni di persone con messaggi importanti per aiutare a prevenire la diffusione di Covid-19”, ha dichiarato in una nota ufficiale Ray Chambers, ambasciatore dell’Oms per la strategia globale, che ha anche spronato editori e sviluppatori a incoraggiare il proprio pubblico nel rispetto del physical distancing e di altre misure di sicurezza, come l’igiene delle mani.

Che il gaming testimoni come il distanziamento sociale non equivalga all’isolamento è una verità nota a qualsiasi giocatore almeno dai tempi del multiplayer. Che a incoraggiarne la pratica sia però l’Oms è significativo, visto che lo scorso 22 gennaio l’organizzazione aveva inserito il “gaming disorder” nell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems. Ce ne fosse il bisogno, è la conferma definitiva di come l’identificazione ufficiale della dipendenza videoludica servisse soprattutto agli operatori sanitari per “prevedere la sua causa e identificare gli interventi di prevenzione e trattamento più appropriati”, aveva spiegato ai tempi Vladimir Poznyak, il coordinatore del Dipartimento di salute mentale e abuso di sostanze dell’Oms.

“È evidente come in questo momento l’organizzazione intenda sottolineare un aspetto importante dei videogame – commenta Matteo Lancini, docente di psicologia dell’Università di Milano Bicocca, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro, istituto specializzato nella cura dei disturbi adolescenziali – il gaming non è solo un’area nella quale i giovani lavorano sulla rappresentazione di sé e del proprio corpo; al contrario, soprattutto in un momento di isolamento forzato, chat, comunicazioni via microfono e partite condivise sono un ambito privilegiato di socializzazione”.

Dal canto proprio e ben oltre la finzione digitale, l’industria italiana di settore ha anche attivato una raccolta fondi a favore della Croce Rossa, supportata da editori, sviluppatore e streamer. Attiva fino a venerdì 3 aprile, richiederà giusto il tempo di un click fra una partita e l’altra.

FONTE: IL SOLE 24 ORE