Condividiamo l’articolo di Susanna Macchia per La Repubblica con l’intervista a Matteo Lancini.
Tra le ultime tendenze di trucco ce n’è una che, in un certo senso, ha a che fare con il traffico. Pare infatti che gli specchi parabolici, o traffic mirror – quelli posti di solito all’uscita dei garage o prima di incroci in cui c’è scarsa visibilità – vengano usati per scattare selfie in cui fisionomia e prospettiva sono deformate. L’impennata di vendite di questi oggetti in rete sembra confermare il trend, che poi è l’evoluzione di quello dei selfie 0.5, gli autoscatti realizzati con la telecamera esterna del cellulare messa in modalità grandangolo. In entrambi i casi il risultato è un’immagine distopica: viso enorme, lineamenti sproporzionati, corpo piccolissimo. Un atto di ribellione della Gen Z verso il perfezionismo?
Certo è che questo fenomeno è presente anche nel make-up: dopo essersi focalizzato a replicare gli effetti dei filtri beautifying di Instagram, il trucco adesso rivendica il diritto di essere «un modo per esprimere se stessi», segnala a d Violette, fondatrice del brand Violette_FR e direttrice del maquillage Guerlain.
«Lo si deve a serie tv come Euphoria e a nuovi brand inclusivi che hanno sovvertito le regole». La strada però è lunga: «Il perfezionismo resiste, tanto che molti non sanno più riconoscere quale sia l’aspetto reale della pelle, se c’è il fondotinta o il filtro. Anche perché, a volte, ci sono entrambi». Di buono c’è che il contouring – tecnica che ha espresso il massimo desiderio di perfezione del volto – ha fatto finalmente il suo tempo, ma resistono alternative estetizzanti come l’uplining, «un trucco volumizzante che tratteggia il contorno delle labbra con una matita scura, stile anni 80, e ombre sugli occhi per modificarne la forma», spiega Francesca Stefani, international makeup artist Collistar.
Anche in medicina estetica «si parla ancora di selfie-disformismo, cioè la richiesta di trattamenti che ricreino nella realtà gli effetti virtuali di un filtro», interviene Marco Iera, chirurgo plastico, ricostruttivo ed estetico. Meno male, verrebbe da dire, che c’è TikTok dove nel continuo susseguirsi di trend, il #nofilter è una costante e i selfie 0.5/traffic mirror ne sono la riprova. «Quando l’autoscatto non è un modo per dire “io esisto”, ma un mezzo per reinterpretare se stessi all’interno di un contesto, allora può diventare uno strumento di sperimentazione», sostiene Stefano Fake, artista e direttore creativo del Selfie Museum di Firenze.
Il potenziale di queste nuove versioni dei selfie sembrano, dunque, avere risvolti sociali e culturali importanti. «Attenzione, però», mette in guardia Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro, «al netto del rifiuto di una perfezione irreale, si tratta sempre, soprattutto per gli adolescenti, di una ricerca di visibilità, di una richiesta di valorizzazione di sé attraverso l’approvazione degli altri, vedi alla voce like». Per la vera rivoluzione quindi, tocca aspettare soluzioni per il trend #noselfie.