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Condividiamo la recensione del libro di Matteo Lancini “Cosa serve ai nostri ragazzi?I nuovi adolescenti spiegati ai genitori, agli insegnanti, agli adulti “ redatta da Vittorio Lingiardi per Robinson de La Repubblica.

Adesso che i ragazzi sono a casa e le famiglie si ritrovano d’improvviso in convivenze forzate, ora che i problemi non esplodono più fuori sede ma implodono tra mura domestiche, adesso, dicevo, è un buon momento per leggersi un libro semplice su un argomento complesso: gli adolescenti. Il titolo, Cosa serve ai nostri ragazzi, è già un azzardo, soprattutto per la rinuncia al punto di domanda. A scriverlo è uno psicoterapeuta di lunga esperienza ma esente dai toni compassati dell’esperto.

Se siete genitori o insegnanti alle prese con figli e studenti indecifrabili e cercate un libro che vi consoli con rimedi prêt-à-porter, lasciate stare, il saggio di Matteo Lancini non è per voi. Se siete disposti a far tesoro delle critiche (cioè non siete troppo narcisisti) o addirittura a farvene dire quattro sul muso, allora la lettura vi servirà. Tre capitoli per un centinaio di pagine: stile diretto, tono sferzante, parecchie idee. Ne riassumo alcune: troppo facile dare la colpa di tutto a internet; se da piccoli li gestite via cellulare non lamentatevi se da adolescenti ci vivono dentro, lo facciamo tutti; la scuola che crede di aiutare bocciando fallisce la sua missione; non fatevi illusioni: crescere senza dolore e senza solitudine è impossibile; non adultizzate i bambini col vostro efficientismo organizzativo; non infantilizzate gli adolescenti con le vostre super- visioni telescopiche. Ma soprattutto: meno controllo e più relazione.

Il problema dei nuovi adolescenti non è la trasgressione ( quella riguardava noi), ma la delusione. « Nessun adulto da abbattere, nessuno stato, chiesa, padre, norma superegoica da contrastare ma aspettative ideali su di sé, talmente elevate da risultare irraggiungibili». La delusione di non essere quel molto di più che vorrebbero essere: più belli, più ricchi, più popolari. E qui Lancini offre un’idea importante, anche clinicamente: questi adolescenti sono narcisisti, non continuate a trattarli come fossero ribelli. Hanno interiorizzato modelli che li rendono bisognosi di riconoscimento e successo. Piuttosto chiedetevi, la risposta è facile, « da dove mai gli sarà venuta questa fissa di diventare ricchi e famosi? ». I ragazzi del nuovo millennio patiscono il conflitto tra le aspettative e gli ideali forgiati dalla società e dalla famiglia durante l’infanzia e il difficile compito adolescenziale di entrare nel corpo e nel mondo. La vergogna è sempre in agguato e con lei la rabbia inespressa del successo mancato. E poi il disagio per il fallimento, di fronte a sé e ancor più ai propri genitori. Per esprimere la sofferenza i millennials ricorrono a pratiche rabbiose e quindi fragili di affermarsi. Cyberbullismo, ritiro sociale, abuso di sostanze (per curare il dolore, non per sperimentare la disobbedienza), autolesionismo, bulimia e anoressia sono alcuni dei modi con cui ragazze e ragazzi manifestano il patimento nascosto e carico di vergogna. Quanto alla rete, parlare di addiction è un modo generico e superficiale di lavarsene le mani. L’addiction è un comportamento: cosa c’è, sotto, di volta in volta? Lancini, classe 1965, è un genitore-terapeuta, conosce le complessità dell’educazione, ma sta dalla parte dei ragazzi. Senza blandirli. Ha l’età giusta per essere con un piede nella memoria e l’altro nel futuro, ma possiede l’intelligenza emotiva per non propinare ricette nostalgiche né celebrazioni acritiche del contemporaneo. Non dissimula la sua irritazione per certe madri troppo connesse e organizzate e certi padri devoti ma poco psicologici. Ma si mette in gioco: siamo tutti coinvolti, dice, io per primo. Talora trascurando variabili a mio avviso imprescindibili ( i livelli di conflittualità genitoriale, la qualità dell’amore e dell’attaccamento, il disagio economico — avete presente l’eroica famiglia dell’ultimo Ken Loach?), con rigore e passione terapeutica Lancini ci educa alla regola fondamentale di ogni educazione: cari genitori e insegnanti, la prima domanda rivolgetela a voi stessi: « perché non mi ascolta? » . Dopo, solo dopo, potrete rivolgervi ai vostri figli, ai vostri studenti. Magari provando a costruirle insieme, le regole.

FONTE: Robinson – Repubblica.it